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Villanova d’Asti: quei racconti inediti di Beppe Fenoglio ritrovati sotto il ponte del Tanaro

Giancarlo Molino racconta lo straordinario ritrovamento dei manoscritti del grande scrittore della Resistenza. Sono i primi racconti e Fenoglio li affidò ai libretti che il padre macellaio usava per “segnare” le spese da pagare dei clienti.

«Ogni tanto penso a tutti quei sacchi pieni di altri taccuini, libri, lettere che ho lasciato stare lì sotto quel ponte e mi chiedo quale altro tesoro letterario contenessero, ma allora ero solo un ragazzo che aveva voglia di andare a pescare».
Comincia proprio in una discarica abusiva a cielo aperto, sotto il ponte del Tanaro ad Alba, fra le frazioni Mussotto e Scaparone, una storia vera che sa di film. Il protagonista è Giancarlo Molino, residente da anni a Villanova d’Asti dopo aver vissuto a Torino.
Una domenica del 1966, quando lui aveva 23 anni e, pur vivendo già a Torino, era tornato a trovare i suoi genitori in cascina. Con la voglia di andare a pescare in Tanaro con il fratello Franco e un amico comune.
Canne, esche e tascapane alla mano, si sono avviati verso un punto noto ai pescatori ma, passando sotto il ponte in costruzione della nuova tangenziale, ha notato un mucchio di sacchi di immondizia sul greto del fiume.
«Ero molto incuriosito ma, avendo le mani occupate, ho dato un calcio al primo sacco che ho trovato per vedere cosa contenesse – racconta Molino – Il sacco si è strappato e ne sono usciti dei taccuini e dei quaderni manoscritti. Ho dato loro una guardata di fretta, poi mio fratello e l’amico mi aspettavano così li ho infilati nel tascapane e sono andato a pescare».
Quei taccuini sono rimasti nella soffitta della casa di famiglia per molti anni e sono anche miracolosamente scampati ad un incendio fino al 1993, quando Alba organizzò una serie di eventi per il 30° anniversario della morte di Beppe Fenoglio.
«Lì mi ricordai l’intestazione di quei taccuini raccolti sul greto del fiume quasi trent’anni prima – prosegue Molino – così andai a recuperarli in soffitta e li sottoposi alla mia ex maestra delle elementari, Pia Cavallo, grande studiosa di Fenoglio e all’epoca anche assessore del Comune di Alba».
Chiese appuntamento e si presentò con quelli che, a quel punto, era quasi sicuro fossero dei manoscritti di Fenoglio.
«Non avrei potuto farle regalo migliore. Grande il suo stupore appena ne aprì uno e riconobbe immediatamente e con certezza la calligrafia dello scrittore. I taccuini vennero microfilmati e nel giro di pochi giorni anche Lorenzo Mondo, vicedirettore de La Stampa e studioso fenogliano, confermò la genuinità degli scritti». Ed erano anche le prime storie di Fenoglio che vennero raccolte in un libro (vedi altro articolo in pagina).
«I taccuini erano quelli che Fenoglio prendeva nella macelleria del padre – spiega ancora Molino che ricostruì tutto il viaggio di quegli scritti – C’era l’intestazione Macelleria Fenoglio Amilcare piazza Rossetti – Alba, il padre di Beppe, ed erano i libretti sui quali venivano segnate le spese dei vari clienti che lasciavano da pagare e saldavano a fine mese. E poi anche due quaderni con copertina nera e intestazione in prima pagina a Marisa, sorella di Beppe sottratti per trovare spazio ad altri appunti».
Ma come era finito tutto abbandonato sul greto del Tanaro quel patrimonio letterario?
«Beppe Fenoglio abitava in piazza del Duomo ad Alba, in una casa dell’industriale Miroglio. Dopo la morte dello scrittore – ha ricostruito Molino – venne data in comodato d’uso gratuito ad un’associazione che si occupava di persone disabili. Unica clausola chiesta era stata quella di sgomberare tutti i locali e ritinteggiarli. E’ proprio nella circostanza dello sgombero che vennero gettati via tutti gli scritti di Fenoglio».
Chissà quanti altri racconti, storie, indicazioni, rivelazioni in quegli appunti rimasti nei sacchi neri nelle decine di altri tacuini e quaderni. E chissà quali riflessioni e confronti con amici della sua statura storica e culturale nelle centinaia di lettere chiuse in altri sacchi.
«Quando guardo i sette taccuini e il quaderno che ho recuperato mi rimprovero di non averne salvati di più, ma allora proprio non potevo immaginare di avere per le mani un tale tesoro di memoria».
Oggi taccuini e quaderno sono custoditi in un luogo segreto e sono delicatamente confezionati con fogli di carta velina fra una pagina e l’altra in modo da conservarli in perfetto stato. Di tanto in tanto vengono dati in prestito in occasione di mostre o di eventi in memoria di Fenoglio.
«Ma spesso vado a riprenderli e a rileggerli solo per me» conclude il fortunato possessore dei manoscritti di una delle più alte voci della Resistenza in Langa.

Raccolti in un libro di Lorenzo Mondo

I preziosi scritti inediti ritrovati da Giancarlo Molino sono stati raccolti nel volume “Appunti partigiani 1944-45” curato da Lorenzo Mondo per Einaudi. E’ il primo racconto sulla Resistenza, probabilmente scritto nel 1946. Prima di Johnny e di Milton, il protagonista si chiamava come l’autore, Beppe, e tutti i riferimenti contenuti portano ad un racconto fortemente autobiografico.
Il racconto è collocato fra i giorni successivi al 2 novembre 1944 alla vigilia di Natale dello stesso anno. Periodo in cui si tennero due sanguinosi rastrellamenti nazifascisti.
«Su questi foglietti così poco letterari – si legge nella presentazione del libro curato da Mondo – Fenoglio usa tono, lingua e sequenze narrative che preludono ai “Ventritre giorni della città di Alba” ma il racconto ha una freschezza che gli dà un posto autonomo nell’epopea partigiana dello scrittore e raccoglie diversi episodi mai rifluiti altrove».
Fra le curiosità, il fatto che il partigiano Fenoglio non voglia darsi un nome di battaglia visto che tutti lo conoscono come Beppe della Langa ma pensa che, se dovesse cambiare colline, sceglierebbe quello di Heathcliff, personaggio di Emily Bronte suggerito dalla sua fidanzata di allora.

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