Sopravvivono ancora alcuni stereotipi, tra i giovani astigiani, in merito al delicato tema della violenza sulle donne.
E’ la prima considerazione che emerge analizzando i risultati del questionario somministrato nell’ambito del progetto SOS donna – promosso dall’associazione Mani colorate – agli studenti delle scuole medie e superiori astigiane nel periodo compreso tra il 25 settembre e il 7 dicembre 2023. Risultati resi noti mercoledì dai promotori dell’iniziativa presso la sede del consorzio Cogesa, partner di SOS donna insieme a Consiglio regionale (Consulta delle Elette e Consulta Femminile), Asl, Cisa Asti Sud, Anci Piemonte, Soroptimist Club di Asti, Fondazione CrAsti, Banca di Asti.
A fare gli onori di casa Laura Nosenzo, presidente di Sos donna, e Davide Migliasso, presidente Cogesa, al cui fianco sono intervenuti diversi ospiti, tra cui il vice presidente della Regione Piemonte Fabio Carosso e il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia.
Il progetto
«Il progetto – ha spiegato Migliasso – si è sviluppato sue due fronti: il questionario, che vede il numero dei giovani coinvolti in continuo aumento, e la mostra “Non crederci! Se ti tratta male e poi ti dice: non lo farò più…”, che ha fatto tappa in 30 luoghi diversi».
A Laura Nosenzo è spettato il compito di illustrare i risultati ed esprimere considerazioni e riflessioni in merito.
«Lavorando nelle scuole – ha affermato – abbiamo visto ragazzi molto attenti su questo tema, su cui si sono fatti coinvolgere perché eravamo disposti ad ascoltarli. Negli anni il numero di studenti che ha risposto al questionario è aumentato notevolmente, passando dai 5.388 del 2021 ai 9.109 di quest’anno, di cui 1.874 frequentanti la scuola media e il resto le superiori, accanto alla comunità per minori “La Bussola” di Valfenera».
«L’aumento – ha sottolineato Nosenzo – si può spiegare con riferimento a due fatti di cronaca che hanno colpito la popolazione: il femminicidio perpetrato lo scorso giugno a Incisa Scapaccino e l’omicidio di Giulia Cecchettin in Veneto lo scorso novembre, che ha mostrato come questi delitti riguardino chiunque, non soltanto le donne più sfortunate o in difficoltà come hanno dimostrato di pensare diversi ragazzi durante questo percorso».
I risultati
Cinque i quesiti posti nell’indagine (vedi l’elenco in basso), promossa per registrare l’opinione dei giovani su alcune delle più frequenti affermazioni riguardanti la violenza di genere, spaziando tra realtà e stereotipi. «Da una visione di insieme – ha annotato Nosenzo – si evince che un’alta percentuale di ragazzi non è d’accordo con l’espressione proposta e questo ci rassicura. Ma in ogni grafico permane una percentuale di ragazzi che su questi stereotipi ritrova il proprio pensiero.
Ad esempio – indica – il 9% dei ragazzi si dichiara d’accordo sul fatto che non bisogna preoccuparsi più di tanto del problema della violenza sulle donne. Questa risposta ci comunica un pericoloso sentimento e di minimizzazione, che non va trascurato.
L’espressione numero 3, che raccoglie il numero di consensi minore in assoluto (8%), fa riferimento ad un altro concetto: la legittimazione della violenza, che dipende da fattori psicologici che interagiscono con quelli socioculturali».
E ancora, con l’ultima espressione, i ragazzi erano invitati ad esprimersi in merito ad un ultimo stereotipo: la colpevolizzazione della vittima, in questo caso la ragazza. «Se questo succede nel mondo degli adulti – è emerso durante la presentazione – ancor di più succede tra gli adolescenti, che nella loro quotidiana battaglia per la costruzione della propria identità spesso si trovano, per economia di pensiero, ad utilizzare stereotipi utili a dare un’interpretazione rassicurante della realtà».
Il commento della pedagogista
A trarre le conclusioni Elisa Lupano, pedagogista, già giudice onorario del tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta.
«In un mondo esterno sempre più povero di relazioni direttamente vissute, e sempre più mediate dal web – ha sottolineato – si sente urgente la necessità di affrontare la relazione tra generi in un contesto al di fuori del proprio ambiente di appartenenza, mediato da adulti in grado di ascoltare e riflettere in favore della costruzione di un pensiero che comprenda e accolga il limite, verso la formazione di persone in grado di tollerare il rifiuto, accettare la perdita e la frustrazione, accogliere la diversità.
Le risposte dei ragazzi e delle ragazze riflettono gli orientamenti sociali del contesto in cui vivono, sia come esperienza vissuta, sia come pensieri indotti da ciò che vedono e seguono attraverso i social. Ma soffrono di un’estrema povertà di luoghi in cui si possano rielaborare le esperienze e i pensieri, in cui si possa dare un nome a ciò che vivono. E il modo in cui si dà un nome alle cose influenza la percezione delle cose stesse, nominare la realtà correttamente è il passaggio necessario per leggerla. Non possiamo dimenticare di quanto il linguaggio strutturi il pensiero, e la conseguente interazione tra i generi.
La scuola ha un compito importante in questo senso, perché costituisce un elemento di continuità in un’età fragile, un periodo della vita che risulta cruciale per lo sviluppo e la trasformazione dell’identità personale e la costruzione di un pensiero morale capace di valutare ciò che è giusto o ingiusto, lecito o illecito, buono o cattivo. Ma la società stessa non può chiamarsi fuori».
I quesiti
1) In Italia la violenza alle donne c’è sempre stata, quindi non bisogna preoccuparsi più di tanto.
- La penso anch’io così: 810 (8.89%)
- Io non la penso così: 8.299 (91.11%)
(Indicazione fornita da SOS donna dopo la compilazione: In Italia la violenza di genere è sempre più un fenomeno sociale. Dal 2012 a oggi sono state oltre 1200 le donne uccise).
2) In famiglia e nella coppia la donna è meno esposta alla violenza.
- La penso anch’io così: 1.741 (19.11%)
- Io non la penso così: 7.368 (80.89%)
(Il 58,8% delle donne è vittima di un partner o ex partner).
3) Se lui la maltratta è perché lei, in qualche modo, se lo merita. E se non lo lascia è perché le sta bene così.
- La penso anch’io così: 739 (8.11%)
- Io non la penso così: 8.370 (91.89%)
(Il 64% delle donne che subisce violenza non ne parla).
4) Se l’uomo è possessivo è perché vuole bene alla propria donna.
- La penso anch’io così: 1.818 (19.96%)
- Io non la penso così: 7.291 (80.04%)
(Il controllo della libertà personale è violenza psicologica, così come le offese, le critiche, le accuse, la mancanza di rispetto, la menzogna, i ricatti).
5) La ragazza ha denunciato di essere stata violentata, ma se non lo ha fatto subito è perché aveva qualcosa da nascondere…
- La penso anch’io così: 1.835 (20.15%)
- Io non la penso così: 7.270 (79.85%)
(Il Codice Rosso prevede che una donna che ha subito uno stupro possa fare denuncia entro 12 mesi dalla violenza subita).