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Gli angeli del fango: i volti della solidarietà
Attualità

Gli angeli del fango: i volti della solidarietà

Le immagini della recente alluvione di Genova hanno riportato alla memoria in modo ancora più vivido quei giorni di vent'anni fa in cui le strade, le piazze e le campagne astigiane erano sommerse

Le immagini della recente alluvione di Genova hanno riportato alla memoria in modo ancora più vivido quei giorni di vent'anni fa in cui le strade, le piazze e le campagne astigiane erano sommerse dalla fanghiglia portata dall'esondazione del Tanaro e del Borbore. La gente spalava il fango dalle case e dai negozi e nelle strade si formavano enormi mucchi di spazzatura, montagne di oggetti conservati in cantine e garages, ma anche frammenti di vita, giocattoli conservati per ricordo, scampoli di memoria insudiciati per sempre dalla melma maleodorante.

La cosa più bella di quei giorni tristi, piccolo antidoto alla disperazione di chi aveva perso tutto, fu la solidarietà che immediatamente scattò da parte di tantissime persone che, non toccate dal disastro, si infilarono gli stivali e si misero a lavorare insieme agli alluvionati. Ci furono persone di ogni età, provenienti dalla città e da moltissimi paesi del Nord Italia, che si presentarono volontariamente, pernottando in città a proprie spese, per dare una mano a chi ne aveva bisogno. Furono dette, forse con un po' di retorica che non avrebbero neppure voluto, "gli angeli del fango", perché giunsero da ogni dove a riportare un po' di coraggio e speranza, aiutando gli alluvionati a credere che dal disastro si sarebbero risollevati, e non da soli.

Fra coloro che contribuirono ad organizzare questi volontari ebbe un ruolo particolare l'Associazione Nazionale Alpini di Asti, alla quale si rivolsero migliaia di persone, in gran parte alpini in congedo provenienti dal Triveneto. Eldo Gonella e Sandro Lucchetta sono due alpini astigiani che in quei giorni furono impegnati nell'organizzazione e nei soccorsi: «Il punto di smistamento dei nuovi arrivati, refettorio e dormitorio ? raccontano ? erano negli spazi del vecchio mattatoio, dov'era stato ricavato anche un punto riservato al briefing, con un ufficio. Noi abbiamo contato diverse migliaia di persone, ma tantissimi arrivati da fuori si misero a lavorare senza dire niente e senza chiedere nulla a nessuno: fra questi ricordo un cardiologo, primario in un ospedale del Veneto, che venne proprio con l'intenzione di spalare del fango, e così fece per tutto il tempo in cui rimase ad Asti. Nei quaranta giorni in cui durarono ufficialmente le operazioni di pulizia furono impegnate oltre 5000 persone, disponibili in qualsiasi momento della giornata. Finite le operazioni di ripulitura dall'acqua e fango, iniziò l'operazione "Castoro", con la quale ripulimmo tutti i ponti, tagliando e rimovendo gli alberi che avevano causato dighe: inoltre, fummo impegnati nel consegnare frigoriferi, stufe e cucine, offerti dalla Zanussi e da tante altre ditte, a chi non li aveva più. Cercare di rimediare al disastro ci richiese davvero tanta fatica, ma fu anche l'occasione in cui ci trovammo a lavorare fianco a fianco di persone con le quali siamo ancora amici».

Un intervento di soccorso così grande e con tanti volontari sarebbe oggi ancora possibile? «Non sono più i tempi degli alpini con gli stivali sporchi ? risponde Fernando Del Raso, responsabile della Protezione Civile ANA provinciale ? perché oggi la macchina organizzativa è più funzionale, anche se forse c'è un po' troppa burocrazia. Vent'anni fa in un attimo ci trovammo a gestire una massa enorme di volontari, che riuscimmo a sistemare senza tanti problemi, mettendo in piedi tutte le tende disponibili: oggi gli attendamenti sono più strutturati e, se da lato il tutto è migliore, dall'altro risulta assai più complicato, anche se ad Asti le cose vanno discretamente bene: allora c'erano Alpini e Protezione civile, oggi le strutture sono tante e far partire il meccanismo di soccorso richiede una trafila più lunga. Allora per risollevare il morale degli alluvionati c'erano gli alpini che ti davano una pacca sulla spalla in segno di solidarietà, oggi c'è lo psicologo».

Renato Romagnoli

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