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Cronaca

Atc, sì del gip al patteggiamento
per non rischiare la prescrizione

Il patteggiamento è andato a buon fine, ma non si placa l'onda di indignazione per quella che, a molti, è sembrata una fine troppo morbida per una vicenda che ha visto sottrarre quasi 10 milioni

Il patteggiamento è andato a buon fine, ma non si placa l'onda di indignazione per quella che, a molti, è sembrata una fine troppo morbida per una vicenda che ha visto sottrarre quasi 10 milioni di euro dalle casse dell'Atc. L'ex direttore Pierino Santoro, che ha ammesso le sue colpe, ha ottenuto che il gip Giannone ratificasse quell'accordo già stipulato in estate fra Procura e difesa per una condanna a 4 anni e due mesi e interdizione perpetua ai pubblici uffici.

Una ratifica passata indenne alle tante manifestazioni di protesta e di dissenso arrivate da più parti che si sono moltiplicate anche a livello nazionale dopo la messa in onda della notizia nel Tg1 di venerdì sera. Dissenso che non ha sfiorato il Gip il quale, nelle motivazioni contestuali alla sentenza, ha invece spiegato con molta sicurezza la bontà del dispositivo. Bontà e soprattutto congruità della pena, come si legge in un passaggio delle motivazioni, nonostante quei 4 anni e due mesi a molti sembrino una quantificazione troppo favorevole a fronte di un ammanco di 10 milioni di euro.

«Le condotte di peculato sono chiaramente caratterizzate da un medesimo disegno criminoso che giustifica l'applicazione della continuazione della pena – scrive il Gip – l'incensuratezza di Santoro, la sua immediata confessione e l'immediato parziale risarcimento del danno con bonifico da 800 mila euro giustificano la concessione delle attenuanti generiche». Certo, lo stesso giudice ammette che sull'altro piatto della bilancia vi è quell'ingente somma oggetto di peculato, la reiterazione decennale della sua condotta e l'intensità del dolo. E allora che cosa ha pesato di più nella decisione? Lo si legge qualche riga dopo, quando il gip fa alcune considerazioni su ciò che sarebbe avvenuto nel caso in cui avesse respinto il patteggiamento a favore di un processo pubblico, tanto invocato da chi non ci stava a chiudere così questa brutta vicenda per tutta la città.

Secondo il gip, per effetto dell'attuale disciplina che norma la prescrizione del reato che prevede la decorrenza dei termini anche durante lo svolgimento del processo, pur essendo in presenza di un reato che prevede una pena edittale massima di 10 anni con prescrizione a 12 anni e mezzo, vista la complessità dell'istruttoria dibattimentale con un presumibile elevato numero di testimoni e una gran quantità di singoli episodi di appropriazione del denaro dalle casse e dai conti correnti dell'Atc, e tenuto conto dei tempi di celebrazione dei processi penali «non è imprudente preconizzare che la sentenza interverrebbe a vari anni dalla data odierna (del patteggiamento n.d.r.) con conseguente sicura prescrizione di parte degli episodi di peculato e dunque con verosimile comminazione di pena non superiore ai 6 anni e tre mesi». Pena che è quella dalla quale sono partiti Procura e difesa per arrivare allo sconto dovuto per la scelta del rito.

Così, per disegni imperscrutabili del caso, il caso Atc di Asti si incrocia con la vergogna della prescrizione del caso Eternit. E non soddisfa nessuno, lasciando l'amaro in bocca ai cittadini che non capiscono i tecnicismi della giustizia e si chiedono perchè, invece di riformare i termini di prescrizione, non si lavori per organizzare una giustizia più veloce ed efficace che non debba temere lo spettro dell'impunità solo per decorrere del tempo.

Daniela Peira

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