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Cronaca

Abbattuta una villetta “sinta” abusiva a Trincere

Come prevedibile ci sono stati momenti di tensione fra chi operava, i proprietari della casa e altre famiglie sinte che vivono nella stessa zona (soprattutto donne e bambini)

E’ stata abbattuta questa mattina, mercoledì, in strada Peschiera un’altra villetta abusiva di proprietà di una famiglia sinta di Asti.

Le ruspe sono arrivate presto, insieme ad un nutrito drappello di poliziotti del Reparto Mobile di Torino, ai Vigili del Fuoco, alla Polizia, alla Guardia di Finanza, Carabinieri e ad un equipaggio di volontari della Croce Rossa intervenuti in caso di infortuni o malori. Insieme c’erano anche alcune squadre di tecnici, fra i quali quelli di Enel e del gas.

In meno di tre ore la ruspa ha demolito completamente il basso fabbricato nel quale erano state ricavate due camere da letto, una cucina, un soggiorno e un salone. E’ l’epilogo di una vicenda che si trascina da anni e che vede imputato Giuseppe Vinotti, che aveva dato in uso la casa al nipote, alla compagna e ai loro cinque figli, di età compresa fra i 12 anni  i 12 mesi.

Come prevedibile ci sono stati momenti di tensione fra chi operava, i proprietari della casa e altre famiglie sinte che vivono nella stessa zona (soprattutto donne e bambini).

A metà dell’opera di demolizione sono arrivati anche il Questore di Asti, dottor Filippo Di Francesco e, poco dopo, il Procuratore della Repubblica Alberto Perduca e il sostituto Vincenzo Paone, titolare del processo che ha portato alla sentenza di demolizione.

«Oggi, grazie alla determinazione e alla sinergia che Procura, Prefettura, Questura, carabinieri, Guardia di finanza, amministrazione comunale e Polizia municipale hanno saputo esprimere, il primato effettivo della legge è stato riaffermato – scrive in una nota stampa il Procuratore Perduca – Si è conclusa una vicenda iniziata nel 1997 quando venne pronunciata dalla Pretura la prima condanna dei responsabili». Sottolineando che, fra i ritardi dovuti all’esecuzione della sentenza, anche il diniego di molte imprese di costruzioni interpellate per la demolizione.

Arrabbiata e disperata Sara Saviano, la madre dei 5 bambini, da tre mesi ospite di amici e parenti. «Noi abbiamo lasciato questa casa pochi giorni dopo la sentenza di demolizione – ha raccontato – poco per volta l’abbiamo svuotata, vendendo o regalando i mobili e quel che è rimasto di più piccolo e caro lo abbiamo parcheggiato in un garage. Poi vedremo. Adesso sono senza casa e fra gli ultimi in graduatoria per la casa popolare».

Ammette che la casa era stata costruita abusivamente, nel 1993 ma «perché nel 1994, quando è stata fatta la pratica di condono, i soldi il Comune li ha presi, più di 10 milioni di lire, ma il condono non è mai arrivato?». Rispondendo anche alle insinuazioni che spesso accompagnano sentenze di questo genere, in particolare sulla provenienza dei redditi delle famiglie. «Quella casa è stata costruita e finita con soldi onesti – dice a viso aperto Sara – io lavoro da molti anni, gestendo una paninoteca ambulante e i lavori più grossi sono stati pagati da un’assicurazione incassata a seguito di un grave incidente in cui è rimasto coinvolto il mio compagno. Adesso mi aspetto che tanta pignoleria della legge venga applicata per tutte le opere abusive in città, non solo qui a Trincere».

Daniela Peira

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