Operazione dei Carabinieri
Il coraggio della denuncia ha ripagato una giovane donna proveniente dalla Nigeria arrivata clandestinamente in Italia dopo aver subito una serie di violenze nella sua Patria di origine.
La ragazza, 22 anni, è stata sfruttata per oltre tre mesi da una connazionale di appena due anni più grande di lei, che vive ad Asti in un alloggio di via Secondo Pia. A consegnarla nelle sue mani era stata una donna che l’aveva prelevata al centro di accoglienza di Crotone dove era rifugiata dopo un salvataggio in mare durante uno dei tanti naufragi dei migranti provenienti dalle coste libiche.
Pochi giorni al centro di accoglienza di Crotone e poi il viaggio in treno verso Torino proseguito in bus verso Asti con la promessa di un lavoro e di un po’ di pace oltre a quella di poter riabbracciare la madre che vive a Mantova.
Un viaggio costato 25 mila euro
Una volta arrivata ad Asti, invece, la cruda verità: il suo viaggio da Benin ad Asti era costato 25 mila euro e lei doveva ripagarlo prima di tornare in libertà. Aveva anche provato a ribellarsi, ma era stata pesantemente malmenata e minacciata di morte. Sono iniziati così tre mesi d’inferno in cui la ragazza veniva fatta prostituire sia in strada che al rientro nell’alloggio in cui viveva la sua sfruttatrice: quest’ultima, infatti, le organizzava a domicilio degli appuntamenti con clienti intercettati attraverso annunci e inserzioni su internet.
Pestaggi e violenze di ogni genere
Dopo questi mesi di pestaggi e violenze sessuali, fisiche e psicologiche, la ragazza è riuscita a scappare e a raggiungere la città di Mantova dove, insieme alla madre, ha deciso di sporgere denuncia ai carabinieri.
Sono stati gli uomini del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Asti, guidati dal maggiore Lorenzo Repetto a prendere in carico l’indagine per accertare i terribili fatti contenuti in denuncia. Un’indagine che, essendo per i reati di tratta aggravata oltre che di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino.
Il primo problema era identificare la giovane nigeriana accusata di sfruttamento. La vittima aveva dato qualche indicazione di massima, ma non conoscendo nè la lingua italiana, nè la città ed essendo sempre stata segregata, non aveva grandi punti di riferimento da indicare ai militari.
Tutto è partito da un particolare di una foto
E’ stata da una foto scattata dalla donna con il telefonino vicino alla casa in cui la tenevano prigioniera e in cui viveva anche la sfruttratrice che i carabinieri sono risaliti al condominio in cui aveva vissuto quei tre mesi. Ulteriori accertamenti hanno permesso di arrivare all’identificazione della nigeriana “maman” riconosciuta dalla vittima e da lì in avanti sono stati accertati i fatti raccontati in denuncia.
Trovata anche la marijuana
Nella giornata di ieri è stato eseguito l’arresto della donna cui sono stati concessi i domiciliari perchè, nonostante le gravissime accuse, è madre di una piccola di appena un anno. Durante l’esecuzione dell’arresto nell’alloggio in cui vive, i cani antidroga del nucleo cinofili dei carabinieri di Volpiano, hanno anche rinvenuto 1,2 chili di marijuana nascosti in uno zainetto in casa e altri 200 grammi in un sacchetto nascosto in un garage del condominio dentro un vecchio forno.
Per il solo possesso della droga sono stati arrestati anche il convivente della donna e altri tre nigeriani che si trovavano in un alloggio attiguo nel quale è stata ritrovata una parte dello stupefacente.