A qualche giorno dalla sentenza di assoluzione di Gianni Ghiotti, l’operaio di 53 anni di Piovà Massaia che aveva confessato tre anni dopo il fatto, di aver soffocato nel sonno l’anziana e sofferente madre, visto il clamore mediatico della notizia, interviene direttamente la Procura della Repubblica di Asti per fornire alcune informazioni che erano rimaste nel segreto del rito abbreviato. Ovviamente in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza del gup Belli che non verranno pubblicate prima di 90 giorni.
«In primo luogo sono state valutate le dichiarazioni confessorie dlel’imputato rese dapprima alla polizia giudiziaria e poi al pm e confermate davanti al Gup nel giudizio abbreviato. Ghiotti – scrive la Procura – ha sempre affermato di aver posto fine all’esistenza della madre somministrandole un elevato quantitativo di gocce di sonnifero e, una volta che la donna si era addormentata, ostruendole la bocca e il naso con un cuscino.
Il Ghiotti ha motivato il gesto per le condizioni cliniche della madre che aveva subito fratture agli arti inferiori e che aveva detto al figlio, in più occasioni, che avrebbe preferito morire piuttosto che non poter più deambulare autonomamente».
Davanti al Gup Belli, il sostituto procuratore Fiz aveva portato l’imputato con l’accusa di omicidio volontario sgravato da una serie di attenuanti che lo avevano spinto a chiedere una condanna a poco più di 7 anni di reclusione.
«Per valutare l’attendibilità della confessione di Ghiotti nonchè per accertare la sua capacità di intendere e di volere – prosegue la Procura – è stata eseguita un’accurata valutazione psichiatrica. Il consulente ha riconosciuto la piena capacità di intendere e di volere dell’imputato e l’assenza di “…indicatori a favore di condizioni psicotiche o di racconto costruito senza una base di realtà rispetto al fatto che afferma di avere commesso”».
Un passaggio importante, quello sottolineato dalla Procura, che sembra una velata risposta invece all’unico ragionamento che può aver spinto il Gup ad assolvere l’imputato reo confesso: non aver creduto a quello che gli ha raccontato ed essere certo che si tratti di un reato frutto della sua fantasia e di un non meglio definito senso di colpa per non aver potuto alleviare le grandi sofferenze dell’anziana madre.
E poi c’è la tesi difensiva dell’avvocato Marco Dapino, che fin dall’inizio è stato accanto a Ghiotti: il difensore, in arringa, ha fatto un lungo ragionamento per riportare il fatto nell’alveo dell’omicidio del consenziente. Una sorta di eutanasia che, seppur non consentita nè prevista dal nostro ordinamento, può trovare una particolare applicazione in questo reato che le si avvicina molto come azione.
«Le dichiarazioni confessorie, coerenti e logiche rese dal Ghiotti – spiega la stessa nota stampa della Procura – hanno poi trovato elementi di riscontro nella consulenza medico legale che ha evidenziato la presenza di benzodiazepine nel tessuto gastrico, nel midollo osseo della cresta iliaca e nella milza. La presenza di tali principi nei tessuti indicati ben 1068 giorni dopo il decesso evidenziava una loro assunzione prossima allo stesso. In particolare la presenza di diazepam nello stomaco era indice di un decesso intervenuto prima che il farmaco, assunto per via orale, potesse essere digerito. Peraltro, per completezza di indagine, è stato eseguito anche l’esame del capello dell’anziana madre, Laura Tortella: dall’analisi in oggetto non è emersa la presenza dei nominati principi attivi, circostanza compatibile o con la degradazione del tessuto analizzato o con l’assenza di un’assunzione cronica. E questi farmaci non risultavano tra le prescrizioni mediche dell’anziana.
L’assenza di elementi da cui desumere la certa e incontrovertibile presenza del consenso della vittima al momento della commissione del fatto – conclude la Procura – ha escluso che potesse essere applicata l’ipotesi dell’omicidio del consenziente».
Tant’è che il pm Fiz aveva formulato l’accusa di omicidio volontario.
Anche la Procura, come la difesa, deve aspettare tre mesi per conoscere le ragioni dell’assoluzione, ma a questo punto è molto probabile che farà ricorso in Corte d’Assise d’Appello.