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Via Guerra

Asti, al campo rom dopo l’incendio della baracca fra chi ha già deciso che non se ne andrà (video)

I tre uomini feriti sono ancora ricoverati. Le ragioni di Elvis che ha deciso di non abbandonare la sua casetta. Il rischio fuoco ancora più alto.

«Io da qua non me ne vado. Possono mandarmi tutte le lettere che vogliono, ma questa è casa mia e non hanno il diritto di farmi andare via». Non usa mezzi termini Elvis Beganovic, “storico” abitante del campo rom di via Guerra che si è sempre battuto per condizioni di vita migliori e rispetto delle regole da parte dei suoi connazionali.
La sua è una delle casette (chiamarla baracca sarebbe offensiva) ancora in piedi e abitate. Il sindaco ha mandato anche a lui la lettera in cui annuncia che dovrà trovarsi un’altra dimora entro il 23 settembre, data in cui è prevista la chiusura del campo.
«Mi hanno già fatto tirare giù la prima casa che avevo costruito qui al campo. Adesso vogliono distruggermi anche questa. Non ci sto».

In quella casa ci vivono in tre: lui e due figli adulti.
«Pensano che bastino mille o 2 mila euro per ripagare tutto il lavoro e il materiale che ho speso nella casa? Qui, negli anni, ho messo almeno 40 mila euro, tutto quello che guadagnavo e non ci penso a far demolire tutto per non avere un altro posto in cui vivere».
La sua casa ha la veranda abbellita dai fiori, erba tagliata intorno, piscina e albero con telecamera di sicurezza. «Prima era per controllare chi si avvicinava a casa mia quando ero al lavoro. Adesso mi serve più che altro per vedere che non vada a fuoco».
Già, il fuoco. Grande presente nel campo di via Guerra. Prima per i roghi originati dall’estrazione del rame dai cavi elettrici, oggi per i rischi di una zona ormai abbandonata a se stessa. Come l’incendio che sabato sera ha distrutto una baracca e ferito tre uomini.

«Se non è capitato il peggio è solo perché abbiamo cominciato a bagnare intorno con le gomme. Qui siamo circondati da mucchi altissimi di macerie lasciate dal Comune dopo gli abbattimenti delle baracche di chi è andato via. Ma si rendono conto del pericolo che rappresentano? Se scoppia un incendio lì in mezzo non si salva nessuno di noi, anche perché tutto intorno al campo ci sono le montagne della ditta di recupero inerti e rischiamo di restare in trappola come topi».

La baracca andata a fuoco è “aperta” e i pannelli che la chiudevano si sono arricciati come petali di fiori. Dentro è andato distrutto tutto e i tre feriti sono ancora ricoverati in ospedale ad Asti per le ustioni riportate. Nella giornata di domenica sono stati portati al Centro Grandi Ustionati del Cto di Torino per una visita specialistica di controllo.

«E’ stato uno spettacolo orribile – dice Elvis – Vedere mio zio e i miei cugini con le mani e il volto attaccati dal fuoco. Si sono salvati per miracolo. Ma quello che fa più male sono stati i commenti che ho letto sui social quando è stata messa la notizia. Non pensavo a tanta cattiveria. C’era chi metteva le faccine che ridono dicendo che qui si era fatto il barbecue, altri che inneggiavano alla morte di tutti in un incendio, altri ancora che davano la colpa a noi per l’ennesimo rogo. E’ stata una disgrazia e la gente dovrebbe provare cosa vuol dire svegliarsi all’improvviso in mezzo a fiamme e fumo e forse smetterebbe di scrivere cattiverie».

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