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Cronaca
Guardia di Finanza

Asti, anche una cavalla da Palio nell’indagine sui rom arrestati per estorsione ed usura

E’ emerso dagli atti che sono stati depositati dopo i cinque arresti. Agli interrogatori di garanzia tutti hanno risposto dando la loro spiegazione di intercettazioni e movimentazioni bancarie

Una prima parte dell’operazione “Fast Cash” condotta dalla Guardia di Finanza di Asti era già stata condotta ad ottobre.
Giovedì scorso la seconda parte con l’arresto di cinque persone delle quali due in carcere e altre tre ai domiciliari: Ferid “Fabrizio” e Michel Seferovic (padre e figlio), Aris Beganovic, Fabio Raho e Teodoro Russo. A loro sono imputati diversi reati che vanno dall’usura all’estorsione, dall’autoriciclaggio al trasferimento fraudolento di beni. Il filo accusatorio è quello che parte dall’inizio di attività imprenditoriale di raccolta e commercio di rottami ferrosi con finanziamenti definiti “opachi” per passare attraverso ingenti evasioni fiscali che consentivano di creare degli importanti fondi neri con i quali veniva finanziata l’attività di usura nei confronti di soggetti economicamente deboli. I quali subivano pesanti minacce se non riuscivano ad onorare i pagamenti di interessi altissimi.
Lunedì  sono stati sottoposti tutti ad interrogatorio di garanzia, assistiti dai loro legali, gli avvocati Vitello, Bona, Furlanetto.
E tutti hanno risposto alle domande del gip Morando respingendo le accuse più gravi mentre su quelle di tipo fiscale hanno fatto emergere una contabilità più “pasticciata” che dolosa.
In mano al gip, numerose intercettazioni delle telefonate di Ferid in cui si parlava di cifre con numerosi destinatari delle chiamate. I quali, chiamati a testimoniare durante le indagini, non avrebbero confermato di essere vittime di usura ma hanno dato altre spiegazioni.
Il movimento più sospetto è quello di un bonifico di 5 mila euro dal conto della Metalmondo (ditta della quale Ferid viene considerato il titolare di fatto) al conto di un astigiano il quale, pochi giorni dopo fa partire un bonifico di 9 mila euro di nuovo verso i Seferovic. Di qui l’origine dell’accusa di usura; i due indagati però hanno spiegato il bonifico di 9 mila euro come restituzione della caparra e di altri acconti dati per comprare una casa di proprietà della presunta vittima che aveva cambiato idea sulla vendita.

Nell’inchiesta è entrato anche uno strano business legato ai cavalli da Palio. Anche in questo caso, passaggi di denaro e telefonate minacciose di restituzione di soldi sarebbero legati all’interesse di Seferovic padre e figlio nei confronti di due cavalli. Uno ricevuto come saldo della vendita di un furgone al suo proprietario, l’altro per iniziare una società nata per vendere la cavalla ad un borgo cittadino per la corsa della prima domenica di settembre.
Il gip ha convalidato l’arresto e le misure contro le quali hanno annunciato ricorso i difensori.
Ai cinque sono state sequestrate due aziende, auto di grossa cilindrata e denaro su conti correnti per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro.

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