In un confessionale, dentro uno scatolone
Una storia che arriva da lontano, dal novembre del 1967 per la precisione.
E’ quello il giorno in cui l’allora parroco del Don Bosco, don Mario Massara, ricevette una telefonata anonima, poco prima di mezzogiorno, nel corso della quale una voce di uomo lo pregava di prendersi cura della neonata che era stata appena abbandonata nel confessionale della sua chiesa.
Una corsa e la piccola era lì, riposta in una scatola di cartone un tempo usata per le saponette con addosso un golfino rosa, un pezzo di panno felpato, una cuffietta con un ricamo a fiorellini e una catenina con una medaglia “Iddio ti protegga”.
Prese il nome della puericultrice che si occupò di lei
La neonata stava bene e in poche ore fu affidata ad una puericultrice che si occupò di lei e si prese cura della bimba con amore fino al momento dell’adozione.
Quella puericultrice era Silvia Fumagalli ed era aiutata nell’accudire la piccola da una collega che portava lo stesso nome. Per questo quella bimba venne chiamata Silvia in attesa di prendere il cognome di una coppia che la adottò e le regalò una vita piena di amore.
Oggi vorrebbe sapere perchè
Oggi quella Silvia ha 53 anni e, deceduti i suoi genitori adottivi cui lei si è devotamente dedicata negli anni della loro malattia, si è messa alla ricerca della sua madre biologica.
Per questo motivo ha fatto un appello preciso su una pagina Facebook che si occupa in modo specifico di persone adottate in cerca delle loro famiglie di origine.
«Sarebbe importante per me “risolvere” il mistero della mia nascita – racconta Silvia – Non sono animata da alcun rancore e sono convinta che se la mia madre biologica ha preso questa sofferta decisione è perchè vi è stata costretta. Vorrei però conoscere il motivo dell’abbandono nella chiesa. Posso immaginare che forse era troppo giovane, magari con una gravidanza indesiderata e inaccettata perchè non sposata. Se così fosse, ora avrebbe una settantina d’anni.
Penso anche fosse una donna di Asti o dei dintorni, per quello faccio un appello agli astigiani per aiutarmi a trovare questo importante tassello della mia vita».
Scoprì a 21 anni di essere stata adottata
Silvia ha scoperto solo a 21 anni di essere stata adottata.
«Fu quando chiesi copia di alcuni documenti per sposarmi che venni a conoscenza del mio abbandono alla nascita. Penso che i miei genitori non me l’avessero detto perchè, nonostante l’adozione fosse stata regolarissima e loro fossero stati un padre e una madre meravigliosi, rimaneva sempre in loro la paura di perdermi. Ora che sono una donna matura e anch’io ho due figli, comprendo questo segreto».
Silvia non vuole giudicare nessuno, tanto meno la madre e il padre (probabilmente sua la voce della telefonata al parroco) naturali, ma vorrebbe solo sapere il perchè.
Non serba rancore e non vuole creare problemi
E non vuole neppure entrare nella loro vita, soprattutto sapendo che probabilmente la sua nascita fu un segreto tenuto nascosto. Per questo motivo, si accontenta anche di un contatto anonimo ma verificato. Per lei l’importante è solo conoscere il motivo dell’abbandono.
Qualche anno fa, Silvia (che ha vissuto fra il Veneto e il Piemonte) è venuta ad Asti, ha visitato la chiesa in cui venne abbandonata e ha incontrato la puericultrice che la prese fra le braccia e le dedicò amorevoli cure, ma non riuscì ad andare oltre per identificare la madre biologica.
Ora, approfittando della divulgazione amplificata dei social, Silvia ci riprova.