Situazione complessa dietro la condanna a 2 anni di un anziano astigiano per truffa sul reddito di cittadinanza.
E’ stata ricostruita davanti al giudice Sparacino che non ha ritenuto sufficientemente valide le giustificazioni manifestate attraverso il difensore, l’avvocato Caranzano.
L’anziano, senza pensione nè occupazione, era ospitato da casa di un amico quando ottiene l’accesso al reddito di cittadinanza. Con un passato non limpido, viene rinchiuso in carcere per qualche mese per finire di scontare una condanna definitiva riferita ad un reato risalente nel tempo. Quando esce, quell’abitazione messa a sua disposizione era in condizioni tali da non poter essere più vivibile, così l’uomo ha chiesto al figlio di poter vivere nella sua roulotte. Ma non ha comunicato il cambio di residenza. E questo vale come primo “falso” a suo carico.
Un successivo controllo su di lui, fa emergere che a suo nome sono intestate 25 auto, tutte molto vecchie, delle quali 9 già radiate. Lui disconosce l’intestazione, dice di non aver mai sottoscritto quegli acquisti e sostiene che qualcuno ha rubato i suoi documenti per usarlo come prestanome a sua insaputa. Ma non avendo i soldi per radiare le auto ancora a lui intestate (tutte in stato di rottamazione), risultavano ancora a suo carico andando a pesare sulla composizione della soglia massima cui hanno diritto i percettori di reddito di cittadinanza.
Il difensore ha sottolineato che il valore di quelle auto è di qualche centinaio di euro messe tutte insieme e dunque non in grado di intaccare l’indigenza dell’uomo, ma per il giudice si tratta di un falso troppo rilevante per portare all’assoluzione dell’imputato.
I 2 anni comminati sono il minimo della pena ma contro questa sentenza è già stato annunciato l’appello in quanto, non potendo più godere della sospensione condizionale per via dei suoi precedenti, l’imputato li dovrebbe scontare in carcere.
Multe e giudici
- 7 Novembre 2024
- Redazione