Nessuno sconto: la Corte d’Appello di Torino ha confermato pochi giorni fa le condanne che erano state dettate in tribunale ad Asti a carico di tre agenti della Polizia Penitenziaria in servizio al carcere di Quarto a fine 2016 quando è stata sporta la denuncia a firma dello stesso ex direttore di allora colpite dall’accusa di truffa ai danni dello Stato.
I tre imputati, all’epoca addetti ai servizi amministrativi, erano finiti sotto processo con l’accusa di essersi “caricati” turni ed indennità sui loro cedolini per percepire uno stipendio maggiore di quanto dovuto.
Un conto successivo ha ipotizzato che i tre avessero percepito indebitamente fra i 4 e i 23 mila euro.
Era stata la direttrice di allora ad accorgersi delle anomalie nei “cedolini” dei tre in cui comparivano delle indennità che sicuramente non spettavano visto che non facevano servizi esterni. In un primo tempo pensò ad un errore materiale di caricamento dei dati, ma da un successivo accertamento venne fuori che le indennità erano state caricate per diversi mesi precedenti.
In primo grado il giudice Beconi aveva inflitto 1 anno e 8 mesi a L. S. (era l’unico ad avere la password di accesso al sistema di trasmissione dati alla Ragioneria Centrale) e 9 mesi agli altri due imputati: R. C, e G. P.
Gli imputati erano difesi dagli avvocati La Matina, Scagliola e Caviglione che hanno affermato come non ci fosse una prova processualmente forte per dimostrare che i conti fossero sbagliati tanto che il Ministero non solo non si è costituito parte civile, ma non ha mai chiesto un soldo indietro ai tre.
Altro argomento difensivo è stato il fatto che, dalle intercettazioni cui sono stati sottoposti gli imputati, non è mai emerso un particolare rapporto che potesse far pensare ad un accordo per spartirsi turni e indennità non dovute.