La ricerca dei resti di Federica Farinella e soprattutto della verità sulla sua morte non è certo terminata con il ritrovamento di altri 10 reperti ossei che una squadra di esperti forensi ha fatto nello scorso week end durante due giorni di sopralluogo intorno alla zona in cui erano stati ritrovati il cranio e una tibia ad ottobre.
A guidare il gruppo di specialisti è il dottor Fabrizio Pace, in veste di criminologo, antropologo e vicepresidente dell’Associazione Penelope Piemonte, guidata da Francesco, padre di Federica, la modella scomparsa nel nulla vent’anni fa. Fabrizio Pace è stato anche colui che per primo ha riconosciuto l’appartenenza ad un corpo umano dei resti ritrovati nel rio Mersa durante i lavori di ripulitura che lui aveva disposto in veste di sindaco del tempo di Isola d’Asti. Quei resti erano di Elena Ceste.
I resti finora recuperati di Federica, invece, sono stati ritrovati a meno di un chilometro dalla casa di campagna ai confini fra Chiusano e Montechiaro dalla quale era scomparsa nel settembre del 2001 poco prima che tutta la famiglia si riunisse a pranzo.
«La famiglia non può accontentarsi di poche ossa e nessuna risposta certa sulla morte di Federica – dice il dottor Pace – Abbiamo messo insieme le migliori menti di ogni ambito per tentare di capire come è morta la ragazza».
Le ricerche riprenderanno nel prossimo fine settimana. Sulla riva in cui sono sparsi di resti di Farinella torneranno i cani della Detection Dog del Canton Ticino addestrati nella ricerca di ossa dopo un addestramento di quindici giorni in cui hanno fiutato e imparato a riconoscere l’odore lasciato da quelle di Federica sul terreno. Questo grazie ad alcuni tamponi che il dottor Pace ha fatto con garze posizionate sul terreno in cui i resti sono rimasti per tanti anni in modo da assorbire l’odore depositato che farà da guida al fiuto dei cani.
Ci sono già ipotesi sulla causa di morte?
«No, abbiamo adottato un approccio per esclusione – risponde Pace – Risposte pronte non ne abbiamo, ma vogliamo tentare tutto per arrivare ad una spiegazione scientificamente plausibile. Non ci accontentiamo delle conclusioni di allontanamento volontario e morte autonoma con le quali il caso è stato chiuso. Si trovava a poche centinaia di metri da casa, dentro un bosco dal quale non era certo impossibile uscire per una ragazza giovane e sana come Federica. Non ci sono dirupi dai quali cadere, non ci sono crepacci che inghiottano un corpo, non ci sono sassi sopra i quali la ragazza può aver battuto letalmente la testa».
Fra le ipotesi formulate vi è quella di un allontanamento per suicidio. Anche se non è dato a sapere se per ingerimento di farmaci o con l’uso di una corda appesa ad un albero.
«La causa di impiccagione ci sentiamo già di escluderla perché, durante il sopralluogo, abbiamo cercato alberi che potessero supportare il peso di una persona tenendo conto anche delle condizioni del luogo vent’anni fa. E ne abbiamo trovato pochissimi di adatti, così come confermato anche dal botanico forense che fa parte della squadra. E in quei pochi non vi è alcun segno di un gesto del genere. Sull’intossicazione letale ancora non sappiamo. Per questo è importante continuare a cercare resti, perché dall’analisi di essi questa risposta può arrivare con certezza».
Ossa che, grazie ad analisi avanzate, possono dettare i tempi della decomposizione. Anche a distanza di vent’anni, visto che si tratta di studi applicati alle collezioni archeologiche.
Con Pace lavorano due sue collaboratrici, il botanico forense, un geologo forense, un entomologo e una psicologa che ha il compito di assistere il padre di Federica, Francesco, in questa dolorosa ricerca della verità. Un’esigenza forte, quella di sapere come è morta Federica, tanto che la famiglia, pur avendo ricevuto dalla Procura di Asti la restituzione dei primi due resti della ragazza, li ha conservati e affidati alla squadra di esperti per tutte le indagini scientifiche che saranno necessarie. Una lunga attesa prima di dare finalmente pace a Federica facendo luce, per quanto possibile, sulla sua fine.