Aria di rassegnazione, se non proprio di sconfitta della giustizia, ieri in tribunale dove i tre giudici del collegio hanno dichiarato, dopo pochi minuti di camera di consiglio, la decadenza per prescrizione di un processo per spaccio di droga.
Dichiarazione a carico di Maksim Kokomani, oggi ultracinquantenne che vive libero in Albania dove si è fatto rimpatriare dall’Italia qualche anno fa proprio in seguito al suo “fascicolo penale” personale che annovera moltissimi reati.
Kokomani, insieme al fratello, era stato arrestato la prima volta dalla Squadra Mobile di Asti nel 1997; nella nostra città, infatti, i fratelli avevano messo in piedi un vasto giro di spaccio che aveva come base una roulotte che utilizzavano per le “consegne a domicilio” anche nei Comuni del territorio e che poi serviva da centrale di confezionamento delle dosi. Per tagliare meglio e più sbrigativamente la droga, utilizzavano un frullatore dentro il quale mettevano sostanza da taglio e stupefacente.
Nel 1998 vennero rinviati a giudizio ma, nel frattempo, erano stati scarcerati e alla lettura della condanna a 9 e 5 anni, non erano presenti. Ci vollero altri tre anni per riuscire a trovarli: sempre la Squadra Mobile di Asti li aveva catturati in Spagna, nel 2003. In quel momento le condanne a loro carico (oltre a quella di Asti ne avevano collezionate altre per reati come sfruttmento della prostituzione, rapine, tentato omicidio, furti) avevano portato a 22 e 16 anni le pene da scontare per i due fratelli.
Dopo la fuga dall’Italia si erano stabiliti a Reus, in Spagna, dove avevano ripreso la loro attività criminale e vivevano nell’agiatezza grazie ai proventi di un vasto giro di prostituzione che impiegava giovani donne dell’Est a favore delle zone più turistiche.
Sulle loro tracce anche la polizia spagnola che li sospettava fortemente di essere gli autori di episodi molto gravi.
Estradati in Italia, nel 2012 la Corte di Cassazione accolse il ricoso dell’avvocato Basilio Foti, difensore di Maksim, riguardante un errore sul decreto che disponeva il processo che si era tenuto ad Asti per la droga. Irregolarità che venne confermata dalla Corte d’Appello la quale, nel 2016, rimandò ad Asti tutto il fascicolo per rifare il processo da capo. L’irregolarità riguardava la notifica del rinvio a giudizio al difensore d’ufficio. L’anno scorso la Procura ha nuovamente portato in aula il fascicolo e ieri il collegio presieduto dal dottor Giannone non ha potuto far altro che dichiarane la prescrizione.
«Capisco che questa conclusione possa destare perplessità nelle persone che non conoscono i meccanismi della giustizia – commenta l’avvocato Foti – ma la prescrizione è prevista dal nostro ordinamento giudiziario ed è stata dichiarata su ragioni valide e fondate. Che valgono per tutti. Ricordando che, in diritto penale, la forma è anche sostanza».