Un processo doloroso più per alcuni testimoni che per l’imputato.
E’ quello che ha preso avvio lunedì mattina in tribunale ad Asti che vede Lorenzo Giovane dover rispondere dell’accusa di tentata estorsione. Anche se lui, difeso dall’avvocato Cellerino continua a respingere la ricostruzione dei fatti così come prospettata dai testimoni che hanno sfilato in aula.
Non erano testimoni comuni, ma i genitori di un altro giovane, tossicodipendente attualmente in percorso di recupero in una comunità astigiana, che ha patteggiato 1 anno e 5 mesi sempre per lo stesso reato e la stessa circostanza.
Quale, l’hanno raccontata suo padre e sua madre in aula.
Lui, con un burrascoso passato di tossicodipendenza, dopo l’ennesimo litigio con il padre al quale aveva ancora una volta sottratto soldi e oggetti di lavoro per acquistare la droga, era andato via di casa. Era il novembre del 2020 e dopo due o tre giorni di totale assenza, i genitori hanno cominciato a preoccuparsi per lui.
Hanno contattato uno dei suoi amici, Giovane, chiedendo se sapesse dove si trovava.
«Lorenzo ci ha risposto che non ne sapeva nulla, ma che si sarebbe informato – hanno detto in aula – E così è stato, perchè nel giro di qualche ora, ci ha detto che nostro figlio era ostaggio di un gruppo di albanesi che aspettavano da lui il pagamento di un debito di droga per 3 mila euro».
Pagamento per il quale Giovane si offriva da intermediario.
I due coniugi, dopo un breve ragionamento, hanno preferito rivolgersi alla Polizia per denunciare la scomparsa del figlio.
Andati a casa di Giovane, gli investigatori della Squadra Mobile sono stati accompagnati da lui stesso nel garage di casa dove, dopo aver bussato, dall’interno ha aperto il giovane scomparso, evidentemente in buono stato di salute e per nulla in stato di sequestro.
Il finto rapimento era un pretesto per drenare 3 mila euro alla sua famiglia. Che sia stata un’idea solo sua o anche di Giovane dovrà stabilirlo il processo.