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Cronaca

Asti, gli alveari del nord della provincia sotto attacco dei ladri

La denuncia degli apicoltori e di Aspromiele dopo l’ennesimo furto di arnie

120 arnie trafugate in pochi mesi

Non bastava la continua moria delle api dovuta ai pesticidi, non bastava la loro ridotta produttività a causa dell’adeguamento ai cambiamenti climatici, non basta l’anno orribile del Covid che ha chiuso per mesi mercatini e forniture: ci si mettono pure i ladri ora a dare pensieri agli apicoltori astigiani.
Il furto di arnie non è cosa nuova, ma le dimensioni del fenomeno e alcune “anomalie” registrate da aprile ad oggi hanno fatto suonare una serie di campanelli d’allarme fra gli apicoltori, allevatori quasi eroici di questi tempi.
Si parte dai dati registrati da Aspromiele di Asti, l’associazione di categoria che monitora la produzione e tutto ciò che ruota intorno all’apicoltura.

Un primo raid di furti è stato registrato in primavera con 9 casi denunciati per un totale di 60 alveari pieni di miele. La seconda ondata è stata molto più recente, già in autunno inoltrato, con altri 5 furti che hanno totalizzato all’incirca un bottino di altrettante 60 arnie.
«Il dato che ci sconcerta è che sono stati fatti tutti nella stessa zona, piuttosto ristretta visto che parliamo di alveari – ha spiegato Ulderica Grassone, tecnico Aspromiele di Asti – Castelnuovo Don Bosco, Buttigliera, Passerano, Aramengo, Capriglio, Moncucco, Berzano San Pietro, San Sebastiano Po».
Un dato, questo, che fa pensare ad un unico responsabile o ad un gruppo ristretto di ladri che conoscono bene la zona e i luoghi in cui si trovano gli alveari.
Poi l’anomalia. «Un conto è il furto in primavera – continua il tecnico Aspromiele – quando le famiglie sono all’apice della loro produzione e i melari sono pieni, ma in autunno non si spiega. E’ il periodo in cui le famiglie di api sono più a rischio e deboli, con un inverno di fronte che prevede molta cura da parte dell’apicoltore in termini di trattamenti e nutrimento. Perchè assumersi un rischio così grande di furto per un risultato non sicuro, visto che se non si è più che esperti è difficile portare le famiglie vive fino alla primavera?».
A seguito delle denunce presentate ai carabinieri, sono state visionate anche alcune telecamere di sorveglianza, ma finora non è emerso alcun dato significativo per l’identificazione dei ladri che, se presi, devono rispondere sia del reato di furto che di quello di abigeato, trattandosi pur sempre di allevamenti animali.


Chi va a rubare le arnie ha comunque una conoscenza di quel mondo perchè sa come maneggiare le arnie e deve essere attrezzato di tute per non farsi pungere e di mezzi da carico come pick up o furgoni. Inoltre, ci vogliono almeno due persone per movimentare le arnie.
E gli apicoltori come possono difendersi da questi furti?
«Purtroppo, per sua stessa natura, gli alveari vengono posizionati in zone isolate e sono incustoditi – ricorda Ulderica Grassone – Già ora molti apicoltori segnano le loro arnie con colori e simboli identificativi che però possono essere coperti e cancellati da altri. Per capire chi si aggira intorno agli alveari molti hanno installato fototrappole, sperando di captare qualche numero di targa dei mezzi usati per raggiungere il sito».
Certo, una soluzione efficace esiste, ed è quella di dotare ogni arnia di un localizzatore Gps che ne traccia ogni spostamento. «Ma di quelli validi in commercio – spiega ancora il tecnico – non c’è n’è nessuno al di sotto dei 50 euro. Che moltiplicati per le arnie fa una cifra che nessun apicoltore può permettersi. Meno che mai in questi momenti di grande crisi del comparto».
E allora l’invito è rivolto a tutte le comunità rurali che vivono dove ci sono degli alveari stanziali ad applicare il controllo di vicinato anche alle preziosissime api.

Daniela Peira

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