Due persone arrestate, cinque indagati e 25 milioni di euro sequestrati: sono i numeri dell’operazione messa a segno dalla Guardia di Finanza di Torino su indagini della Procura della Repubblica di Asti che ha lavorato alla movimentazione di denaro riferita ad un’azienda operante sulla nostra provincia. Azienda che lavora nel campo della produzione di software.
I due arrestati sono accusati di aver eseguito dei pagamenti bancari attraverso bonifici verso fornitori cinesi. Apparentemente tutto regolare perchè i bonifici venivano fatti a fronte di fatture emesse dai fornitori ma la Guardia di Finanza ha raccolto elementi che proverebbero come queste fatture siano riferite ad operazioni inesistenti, a forniture mai avvenute.
Era un escamotage per trasferire dei capitali verso la Repubblica Popolare Cinese dalla quale ritornavano, in contanti, con la consegna in varie località del Nord Italia (almeno in un caso anche a Parigi) durante incontri fra i soggetti italiani coinvolti nell’inchiesta ed un intermediario cinese al quale veniva riconosciuta una percentuale dell’1% per il suo servizio di trasformazione dei bonifici bancari in “cash”.
Dall’esame della documentazione acquisita dai finanzieri, alcuni indagati organizzavano le operazioni di ritiro del contante chiamandolo “scatola” e gli investigatori pensano che ogni “scatola” corrispondesse a mille euro.
Gli indagati aveva conti correnti accesi in Svizzera ed Irlanda ed è lì che si sospetta finissero le somme recuperate dall’intermediario cinese.
L’indagine risale agli inizi del 2021 quando nel mirino del Nucleo di Polizia eocnomico finanziaria di Torino, analizzando una serie di operazioni sospette, è entrata la società astigiana operante nella produzione di software che dal 2020 e poi fino al 2022 aveva formalmente effettuate numerosi acquisti da aziende cinesi. A sua volta, aveva anche staccato fatture, sempre per operazioni inesistenti, nei confronti di tre distinte società italiane, tutte riconducibili allo stesso gruppo di imprenditori, per un volume complessivo di circa 85 milioni di euro. Questo secondo passaggio avrebbe consentito un’evasione di Iva per circa 13 milioni e mezzo di euro.
Dunque le accuse contestate sono di riciclaggio, autoriciclaggio di denaro, frode fiscale ed evasione.