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anna borgio assegno domiciliarità
Cronaca
Il caso

Asti, l’assegno di domiciliarità non arriva e lei è costretta a licenziare la badante

Una nostra lettrice racconta la sua odissea per ottenere quello che era nato come apprezzato aiuto nell’assistenza al marito invalido al 100%

Su quell’assegno di domiciliarità istituito dalla Regione Piemonte ci aveva contato. E molto. Perché le permetteva finalmente un aiuto nella cura del marito, invalido al 100% del quale si occupa in via esclusiva ed unica da 2 anni.
Ma quell’aiuto, per lei, ha assunto presto i contorni di una profonda illusione che le ha provocato un notevole aggravio di impegni burocratici, tantissimo tempo passato al patronato per essere in regola con tutto, un’esposizione economica personale di circa 7 mila euro e l’amara decisione di licenziare una badante che ha così perso il lavoro.
Anna Borgio, 64 anni, è l’esempio perfetto della “caregiver familiare”, che segue una persona gravemente invalida, con tanto di riconoscimento e deleghe. Ma è anche, e soprattutto, una donna stanca, esausta e profondamente delusa.
«Mio marito, affetto da cardiopatia ischemica congenita, è stato colpito da infarto e da due anni ha bisogno di un’assistenza continua perché i suoi movimenti sono molto limitati e necessita di controlli di ogni genere, terapie con verifiche continue e fisioterapia – spiega la moglie Anna, che da 2 anni ha lasciato il suo lavoro per poter seguire il suo compagno di vita – Non posso contare su una rete di famiglia che mi possa sostenere e lo seguo io 24 ore su 24. Con amore e affetto, voglio sottolineare».
L’impegno è però tantissimo. «Devo aiutarlo a spostarsi in casa, somministrargli le terapie e poi gestire prenotazioni, visite, ritiro esami quasi continue, visite specialistiche, fisioterapia costante, le pratiche medico legali che sono un inferno e, non ultimo, seguire tutte le normali faccende di casa».
L’anno scorso viene a sapere che la Regione Piemonte ha istituito un assegno di domiciliarità per consentire ai caregiver come lei di poter contare sull’aiuto di una badante e avere un po’ di respiro.
«Un assegno che prevedeva un contributo di 600 euro al mese, per due anni, a fronte dell’assunzione di una badante per almeno 16 ore alla settimana, ovviamente in regola con contratto e contributi – racconta Anna – Mi è sembrata una grande opportunità, anche perché comincia a diventare pesante per me sola movimentare mio marito e ho sempre paura di non riuscire e farlo cadere».
La donna chiede di aderire a questo progetto e, stanti le condizioni di salute del marito, la sua domanda viene accettata. Lei assume una badante, per 16 ore alla settimana, in regola, con rendicontazione trimestrale sull’apposita piattaforma. Anticipando per tre mesi stipendio e tutti gli altri contributi (esclusi dall’assegno di domiciliarità come le spese del patronato per la gestione dell’assunzione).
«Fra una pratica e l’altra, molto complesse, ho avuto accesso all’assegno a partire dal trimestre luglio-agosto-settembre 2023. Io avevo assunto la signora dal primo luglio e mi aspettavo l’assegno da 1800 euro. Invece no. Nonostante la rendicontazione puntuale sia di quel trimestre estivo, sia di quello autunnale ottobre-novembre-dicembre, sia di quello dei primi del 2024, ho ricevuto, ad oggi, solo 600 euro. E sono riferiti al solo mese di agosto 2023. Solo 600 euro liquidati ai primi di gennaio».
Dopo innumerevoli visite al patronato e telefonate, Anna ha scoperto che, per il conteggio delle ore distribuite sulla settimana, a luglio e settembre man cava un’ora o due per arrivare al computo minimo e dunque ha perso il diritto.
«Mi ha fatto arrabbiare ma accetto le regole. Però gli altri mesi sono stati regolari e io non ho ancora visto nulla. Ho sollecitato ma dalla Regione hanno risposto solo che stanno elaborando la rendicontazione. Dunque, ad oltre sei mesi dall’attivazione dell’assegno, io ho ricevuto solo 600 euro e ho anticipato circa 7 mila euro».
La soluzione? «Ho dovuto licenziare la badante, dal primo marzo, perché non posso permettermi di pagarla. Mi è spiaciuto tantissimo perché era una persona diventata di famiglia e mi aiutava veramente tanto, ma come faccio a continuare a tenerla se incertezze e tempi sono questi? Era una bellissima iniziativa, questa, ma nella sua realizzazione i ritardi nell’erogazione dell’assegno, la farraginosità delle pratiche burocratiche, i cambiamenti continui per accedervi l’hanno di fatto vanificata. E quelli come me, che ci avevano creduto e ci avevano contato sopra, sono rimasti scottati».
Anna è tornata ad occuparsi notte e giorno del marito e quando proprio non riesce a farcela da sola (ad esempio per lavarlo), paga una badante per aiutarla lo stretto tempo necessario.

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2 risposte

  1. Anche a me è successo ma per avere un piccolo contributo ma mi hanno detto che mio marito nn è abbastanza grave. Ipovedente, diabetico,(gli hanno amputato un dito del piede)cardiopatico.

  2. Non ho parole e una vergogna, come con l adi. Assegno di inclusione.

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