Ha atteso per anni di poter dire la sua versione dei fatti e raccontare quale fosse il suo ruolo all’interno della MSA, l’azienda di ammortizzatori “erede” della storica Way Assauto, gestita da Antonello Montante.
Questa mattina, davanti al collegio formato dai giudici Giannone, Dunn e Rosso, ed al pm Deodato, è stata la volta di Cesare Saturno di spiegare la sua sorpresa (e la sua amarezza) nel coinvolgimento del processo sulla bancarotta della società visto che lui, di attività gestionale ed amministrativa, non ne ha mai eseguita.
Saturno, difeso dagli avvocati Maurizio Riverditi e Pierpaolo Berardi, ha spiegato di aver lavorato per molti anni alla Way Assauto ricoprendo l’incarico di responsabile tecnico della progettazione e realizzazione degli ammortizzatori forniti a livello nazionale ed internazionale ai più grandi gruppi che si occupavano di trasporti civili, ferroviari e militari. Andato in pensione ancora con Way Assauto, qualche anno dopo venne chiamato da Montante per un nuovo incarico in seno MSA, sempre in qualità di responsabile tecnico. I clienti “storici” lo conoscevano e stimavano e, ha detto in aula, anche grazie a lui la nuova società potè acquisire una serie di commesse importanti. Rientrò in MSA nel 2003 e tre anni dopo, nel 2006, venne chiamato da Montante a far parte del consiglio di amministrazione. «Non per le mie competenze in fatto di gestione aziendale che non ho mai avuto, ma come riconoscimento per il mio ruolo tecnico».
Ruolo che Saturno ha continuato a ricoprire fino alle sue dimissioni nel 2019, alle soglie del fallimento.
Ma di amministrazione, ha ribadito in aula, lui non si è mai occupato. Al punto da aver partecipato forse 2-3 volte ad un consiglio di amministrazione in 13 anni di carica e, comunque, senza discutere di strategie aziendali.
«In MSA decideva tutto Montante, tutto doveva passare da lui e nessuno si muoveva senza la sua autorizzazione, per quel che ho potuto vedere quando lavoravo lì». Un incarico, quello in cda che non era neppure retribuito, se non per quel gettone di presenza di mille euro al mese che venne pagato a Saturno per poco più di un anno. «Quando mi sono arrivati sul conto ho chiesto cosa fossero e mi dissero che erano per il mio ruolo in cda poi improvvisamente smisero di versarmeli e io non chiesi niente».
La sua estraneità alle decisioni del cda sono state espresse da Saturno anche con un episodio emblematico.
«Nel 2009, un giorno un collega mi telefona e mi chiama “vicepresidente” in tono scherzoso – ha raccontato in aula – Io pensavo mi prendesse in giro ma diceva sul serio e mi ha invitato ad andare in stabilimento, a leggere sulla bacheca delle comunicazioni. Sono sceso e, in effetti, c’era scritto che nell’ultimo consiglio di amministrazione ero stato nominato vice presidente. Ma io non ne sapevo nulla e non ho mai fatto una sola azione da vice presidente. Io mi preoccupavo solo di accontentare i clienti con prodotti giusti e validi. Solo questo».
Intanto prosegue la serie di “assenze” dei due imputati eccellenti del processo: Antonello Montante e Vincenzo Mistretta (il primo amministratore di fatto e per un lungo periodo presidente del cda), il secondo amministratore delegato. Attesi per l’udienza di oggi per essere interrogati (la difesa di Montante ha più volte ribadito l’intenzione dell’imputato di sottoporsi all’esame), Montante ha mandato un certificato medico che attestava di aver contratto il Covid, mentre Mistretta è convalescente per un incidente recente.
Processo aggiornato agli inizi di dicembre per sentirli entrambi.