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Cronaca

Asti: «Non sono uno stalker, volevo solo vedere mio figlio»

In aula parla un uomo sotto processo e si difende dalle accuse mosse dalla ex compagna

La versione di un padre imputato

Respinge al mittente tutte le accuse per le quali è finito sotto processo e per le quali non vede il figlio esattamente da un anno.
Lui, L. C. è imputato di stalking e ha visto sfilare finora in aula i testimoni della pubblica accusa, compresa la ex compagna, che lo hanno accusato di essersi comportato in modo violento e persecutorio nei confronti della donna bombardandola di telefonate e di messaggi, inseguendola in città in auto, aggredendola per strapparle di mano il cellulare, raggiungendola a casa dei suoi genitori per entrare a tutti i costi nell’abitazione e minacciandola di morte con un proiettile.

Il figlio a soli 5 anni è parte civile

Il tutto davanti al figlio della coppia che, all’epoca dei fatti, aveva appena cinque anni e che, caso più unico che raro, è costituito parte civile insieme alla madre entrambi rappresentati a processo dall’avvocato Luigi Florio.
«E’ stata raccontata una storia molto diversa dalla realtà – ha detto in aula l’imputato difeso dall’avvocato Cristina Preti – Intanto io non ho mai mostrato un proiettile alla mia ex compagna minacciando di ficcarglielo in testa. Non possiedo armi né munizioni e non saprei dove trovarle e come usarle».

Ha spiegato le telefonate e i messaggi ossessivi

Sulla quantità incredibile di telefonate e di messaggi denunciate dalla donna e documentate dai tabulati ha dato una sua spiegazione: si trattava di ripetuti tentativi di contattare la donna per poter vedere il figlio.
«I primi tempi dopo la nostra separazione sono stati molto tranquilli e mio figlio, seppur dopo insistenze, riuscivo a vederlo abbastanza sovente – ha raccontato – è quando la mia ex compagna ha intrapreso una nuova relazione che le cose sono cambiate e non si è più fatta trovare.
E con lei mio figlio.
Tutte quelle telefonate, tutti quegli incontri derivano solo dal mio desiderio di vedere mio figlio. E’ anche per questo motivo che c’era sempre lui, perché è per lui che io mi facevo vivo ma non si è mai spaventato per colpa mia».

«Tagliato fuori dalla sua vita»

L’uomo ha lamentato di essere stato improvvisamente tagliato fuori dalla vita del bambino: niente incontri, niente telefonate, niente comunicazioni sulla sua salute, niente appuntamenti per le recite a scuola, niente foto di classe.
L’imputato dall’agosto dello scorso anno ha un divieto di avvicinamento e di comunicazione nei confronti dell’ex compagna e del figlio ma un mese e mezzo fa circa la misura è stata aggravata in arresti domiciliari.

Revocati i domiciliari per quella telefonata in piena crisi Covid

«E’ vero, ho disobbedito al divieto di comunicazione telefonando alla mia ex compagna per sapere come stava il bambino. Eravamo in piena emergenza Covid, io faccio il necroforo e per tanti giorni mi sono passati sotto gli occhi i corpi senza vita di morti per contagio. Sono crollato, ero seriamente preoccupato per come stava mio figlio e ho violato il divieto».
Ma alla richiesta di revoca dei domiciliari avanzata dall’avvocato Preti, il giudice Giannone si è espresso favorevolmente pur mantenendo in vigore il divieto di avvicinamento e di comunicazione.
L’udienza riprenderà a settembre con discussione e sentenza.

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