Un padre-padrone che ha terrorizzato l’intera famiglia di moglie e cinque figli fino a quando la donna, temendo per la propria vita, se ne è andata denunciandolo.
Una storia che arriva da un quartiere popolare della città e riguarda una famiglia rom che ha vissuto momenti di puro terrore.
Uno “scampolo” di questa vita lo ha raccontato in aula il figlio più grande, da poco maggiorenne. Con il coraggio di fare la deposizione davanti al padre, imputato, difeso dall’avvocato Malabaila.
«Mio padre beveva spesso e quando era ubriaco si arrabbiava per niente. Quando succedeva, mi picchiava, dandomi dei pugni in testa anche se non avevo fatto niente di male. Una volta mi ha dato i pugni stringendo un caricabatteria, ricordo ancora ora il dolore provato».
E poi la segregazione.
«Non mi era permesso avere e usare il telefono cellulare. Quando ero a casa da scuola mi “comandava” continuamente: facevo le pulizie di casa, andavo a fare la spesa, andavo a comprargli birre e bottiglie di alcol e quando tornavo e avevo finito tutti i lavori che mi aveva “comandato”, mi chiudeva a chiave in bagno. Anche per tutto il giorno. Dovevo chiedere il suo permesso per andarmi a prendere un bicchiere d’acqua in cucina e poi mi richiudeva lì».
Un giorno il ragazzo è andato a scuola con un esteso livido in faccia, l’insegnante si è informata e ha chiesto di parlare con suo padre. «Dal giorno dopo non mi ha più lasciato andare a scuola, non ho finito le medie».
Il ragazzo è parte civile con la madre e le sorelle: a rappresentarli l’avvocato Anna Muscat. Nella prossima udienza sarà sentita la madre.