«Siamo molto arrabbiate con quella che dovrebbe essere la Giustizia Italiana. 18 rinvii, 18 volte che ci presentiamo in Tribunale per sentirci ancora rimandate a casa senza sentenza».
Non sono bastate 17 udienze per chiudere il processo su una delle pagine più brutte di violenza di genere della nostra provincia.
Una catena di rinvii che avrebbe del grottesco se non fosse fondata sul codice di procedura penale e trattasse un episodio che ha visto due donne, unite civilmente, picchiate (una delle due con importantissime lesioni) dai vicini di pianerottolo ai quali le vittime avevano chiesto di non fare rumore per consentire il riposo a causa di malattia.
Gli imputati, inizialmente, erano cinque: i tre uomini dell’alloggio accanto per aggressione e le stesse due donne per diffamazione avendo pubblicato sui social, il giorno dopo, le foto dei danni subiti e raccontando i fatti.
Mentre le donne si sono presentate a tutte le udienze, accompagnate dal loro difensore Maurizio Lamatina, gli uomini hanno fatto tantissime assenze e uno di essi è stato anni incarcerato in Svizzera senza che il tribunale di Asti potesse contattarlo e dunque regolarizzare la sua assenza in aula.
Poi, finalmente, due udienze in cui il giudice è riuscito a sentire parti presenti e testimoni e per venerdì scorso era attesa la discussione e la sentenza. Ma uno degli imputati, all’ultimo, ha revocato il mandato al suo avvocato, non ne ha nominato un altro e l’avvocato di ufficio scelto dal giudice ha (giustamente) chiesto termini a difesa per studiare bene il caso, dovendone fare l’arringa difensiva.
Nel frattempo, i capi di imputazione a carico di Emanuela e Linda Pines sono decaduti per ritiro implicito della querela, per cui loro saranno in aula esclusivamente nelle vesti di parti offese e parti civili.
Questo ennesimo rinvio, a pochi giorni dalla Giornata contro la violenza sulle donne, mostra i limiti che anche la legge può incontrare nel fare giustizia in questo campo delicatissimo.
«Il pestaggio del 2018 a sfondo omofobico che abbiamo subito è stato declassato e, ai nostri occhi, sembra anche ignorato – hanno commentato Linda ed Emanuela – Vorremmo fare rumore per poter accendere il riflettore su questa storia infinita. Sette anni e nove mesi di attesa per il giudizio. Sette anni e nove mesi che attendiamo. Siamo stanche, sfibrate e incredule. Scriveremo al Presidente del Tribunale per dare voce a questa storia soffocata. Anche il nostro avvocato non ne può più. Siamo lesbiche, siamo donne che sono state picchiate da uomini infami e soprattutto, siamo innocenti. Abbiamo intenzione di alzare la voce perché stanche ed esauste. Non ci fermeremo qui. È una promessa! Nella speranza che possa accadere, vogliamo fare un appello: cittadini dell’Astigiano, unitevi a noi, aiutateci a mettere fine a questa commedia, fatevi sentire perché la Giustizia non è solo nostra, ma anche vostra».
Dopo la notte di furti
- r.s.