Grande sorpresa, poi grande rabbia e poi la soddisfazione di aver vinto la causa ma di aver perso la casa sognata.
E’ quanto vissuto in pochi anni da una ricercatrice universitaria di Asti che si è scoperta “cattiva pagatrice” a sua insaputa.
La vicenda viene rivelata dalla Casa del Consumatore di Asti che ha seguito la ricercatrice nella causa intentata all’istituto bancario che, a causa di una mancata comunicazione, le ha fatto perdere 7 mila euro di caparra.
A ricostruire quanto accaduto è il presidente della Casa del Consumatore, Stefano Santin.
«La nostra associata anni fa stava per acquistare un’immobile per il quale aveva versato una caparra al compromesso pari a circa 7mila euro. Successivamente si recava presso un istituto di credito della città per la richiesta di un mutuo. Purtroppo in quell’occasione veniva a conoscenza di avere una segnalazione a sofferenza sia in banca dati CRIF che in Centrale dei rischi della Banca d’Italia. Per questo motivo la richiesta di mutuo veniva respinta e di conseguenza non potendo procedere al saldo con fondi propri, doveva rinunciare all’acquisto perdendo la caparra versata».
Decisa a capire perché fosse finita nella centrale rischi, la donna si è rivolta alla Casa del Consumatore per capire l’origine della segnalazione.
«La banca erroneamente non aveva avvisato la nostra associata – continua Stefano Santin che ha assistito la cittadina – della sofferenza che effettivamente era esistente ma che considerato l’importo di soli 800 euro era facilmente risolvibile. Infatti la nostra assistita era coobbligata per un prestito contratto con un suo congiunto ed ad entrambi non erano state inviate le comunicazioni d’imminente segnalazione in banca dati, come previsto dalla normativa di settore. Inoltre la classificazione a sofferenza può avvenire solo quando è conclamata l’impossibilità di recupero del credito da parte della banca. Questa circostanza è stata contestata assieme al mancato preavviso».
A quel punto il ricorso è stato fatto di fronte all’ABF (Arbitro bancario e finanziario) che, dopo due anni di vertenza legale, ha dato ragione alla ricercatrice.
«L’ABF ci ha dato ragione riconoscendo sia il danno patrimoniale che il danno non patrimoniale per aver leso, la banca, l’onorabilità agli occhi degli altri intermediari della nostra associata per un risarcimento totale di 10mila euro- conclude Stefano Santin – La nostra associata non poteva essere classificata a sofferenza perché lavora ed ha un’ ottimo stipendio ed il debito era stato causato da un’altra persona per la quale lei aveva prestato garanzia. Con più attenzione da parte della banca lei avrebbe acquistato la sua prima casa, già anni or sono, e la banca non avrebbe dovuto risarcire il danno cagionato».
Tribunale di Asti
- Redazione