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Cronaca
Tribunale di Asti

Asti, professore condannato per gli atti sessuali con due sue studentesse

Emerso nel corso del processo che un collega e coinquilino dell’imputato sapeva tutto da tempo.

E’ arrivata la condanna, attesa dopo le ammissioni dell’imputato, a carico del professore delle superiore che ha irretito due sue studentesse e ha avuto rapporti con loro anche se erano ancora minorenni.

Si è concluso ieri mattina, davanti al gup Beconi, il processo in rito abbreviato e a porte chiuse che ha visto uscire l’uomo con una condanna a 3 anni, “scontata” di appena quattro mesi rispetto alla richiesta del pm Greco che ha condotto l’indagine.

Sull’altro banco presenti anche gli avvocati Davide Arri e Rita Armeni, difensori di parte civile delle due studentesse che hanno preferito non esserci, affidando le loro richieste ai due professionisti che hanno ottenuto l’ammissione e un risarcimento danni da quantificare in altra sede ma con provvisionale di 5 e 4 mila euro per le ragazze.

L’imputato, un professore in servizio in una scuola superiore astigiana ma da mesi allontanato dall’insegnamento anche perchè si trova ancora agli arresti domiciliari, ha scelto la via del silenzio, davanti al gup: nessun esame, nessuna dichiarazione spontanea. La sua versione dei fatti è stata esclusivamente affidata ai due interrogatori cui è stato sottoposto che ha visto parziali ammissioni a denti stretti in mezzo a tanti silenzi e non risposte.

Le ammissioni sono state fatte a fronte dell’articolata indagine che ha visto, fra le altre cose e oltre alle testimonianze delle ragazze, anche quelle di altre persone e quanto riferito da un secondo uomo entrate nelle verifiche della Procura: il coinquilino del professore, collega di lavoro.

Emerge che lui sapesse che la loro casa era frequentata dalle due studentesse e ne conosceva anche il motivo anche se non ha mai partecipato agli incontri. In atti ci sono degli scambi di messaggi fra loro che sembrano inequivocabili sul rapporto fra l’imputato e le due ragazze, a giudicare anche dai commenti che i due uomini facevano prima e dopo gli appuntamenti.

Spariti quasi tutte invece le chat fra il professore e le due ragazze che avevano l’ordine di comunicare con lui solo attraverso il social Telegram i cui messaggi avevano un timer impostato di cancellazione dopo la lettura.

Non solo. Da un raffronto fra gli appuntamenti delle studentesse con il professore, emerge che quest’ultimo, nel suo giorno libero, spesso chiedeva alla ragazza di turno di saltare scuola  in modo da poterla ricevere a casa sua, in santa pace, mentre il coinquilino era invece a fare lezione.

E’ toccato agli avvocati di parte civile dare la dimensione di quanto vissuto dalle ragazze e di quanto questo “tradimento” della fiducia da parte di una persona, come un professore di scuola, dovrebbe invece essere un porto sicuro. Soprattutto per i giovani più fragili e che vivono situazioni in famiglia già difficili. L’imputato è stato bravo, hanno detto i difensori delle ragazze, ad avvicinarle gradualmente, fingendosi interessato ai loro bisogni, acquisendo via via sempre più confidenza, raccogliendo i loro segreti e i loro turbamenti per usarli poi come leva per tenerle a sè.

In cambio c’era la sua attenzione, i “regalini” che faceva trovare loro, gli argomenti anticipati per i compiti in classe e le interrogazioni, le opinioni che gli altri professori e le altre compagne di classe avevano per loro.

Agli atti anche  un ricatto sentimentale fatto alla studentessa più grande nel momento in cui aveva capito che la ragazza voleva troncare la relazione e raccontare tutto. Consapevole, lui, che se la storia fosse venuta fuori sarebbe stato denunciato e processato.

Era arrivato anche a far credere alle studentesse che quella relazione intima e sessualmente connotata, avrebbe fatto loro bene, sarebbe stata una specie di terapia per alleggerirle dei loro problemi.

Ma questa è anche una storia di coraggio e di  sostegno. Il coraggio è quello della prima ragazza che, nonostante tutto e tutti, ha trovato la forza di parlarne con una professoressa (questa sì veramente interessata al suo benessere) e di portare avanti la denuncia fino al processo. E’ una storia di sostegno perchè oggi è seguita dal Centro Antiviolenza L’Orecchio di Venere dove sta facendo un percorso di consapevolezza di quanto vissuto e di elaborazione dei danni profondi che il comportamento dell’insegnamente ha provocato.

 

 

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