In vendita on line da un privato
Lo hanno definito un vero e proprio “tesoretto” in monete di epoca romana che nel III secolo d. C. era stato sepolto accuratamente per essere utilizzato in tempi di carestia e di povertà.
E lì è rimasto per secoli e secoli fino a quando qualcuno, facendo delle escavazioni, lo ha riportato alla luce.
Ma invece di consegnarlo alla Sovrintendenza delle Belle Arti, ha pensato bene di disfarsene lucrandoci sopra e vendendo le monete utilizzando uno strumento sconosciuto ai tempi dei Romani, un sito di vendita on line.
35 monete risalente al terzo secolo d. C.
E’ così che i carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale hanno rintracciato 35 monete di grandissimo valore. Si tratta di un gruppo omogeneo di monete composto da 24 Antoniniani del Regno di Gallieno, 6 Antoniniani di Claudio II Gotico e 5 monete di difficile riconoscimento. Secondo gli esperti carabinieri si tratta di un “accumulo” presumibilmente costituito e nascosto nel periodo dell’Impero Romano compreso tra il 260 e il 271 d. C.
Indagini con la Soprintendenza
Durante il controllo di una delle più note piattaforme di e-commerce, i carabinieri hanno intercettato il tesoretto e lo hanno sequestrato e confiscato al termine di un’indagine condotta in collaborazione con i funzionari della Soprintendenza di Alessandria, Asti e Cuneo.
Le indagini sono state coordinate dalla Procura di Asti e hanno dimostrato l’illegittimità della collezione posseduta da un privato.
Rovinate per pulirle grossolanamente
Al momento del sequestro al proprietario che le aveva messe in vendita on line, i carabinieri hanno verificato che le monete avevano i tipici elementi distintivi di un materiale che è rimasto sepolto per centinaia di anni, presentando segni di corrosione, ossidazione e di abrasione provocati da un tentativo grossolano e dannoso di ripulirne la superficie.
Ritrovamento importante ma privo di riferimenti
«Questo deposito monetale – spiegano dal Nucleo Tutela Patrimonio Culturale – risulta essere di notevole importanza per la ricostruzione storica delle travagliate vicende politiche e militari che hanno caratterizzato in quell’epoca gli insediamenti romani nel territorio astigiano. Tuttavia, l’assenza di una precisa documentazione scientifica che attesti il preciso luogo di giacenza e l’analisi del terreno circostante, impedisce ogni ulteriore approfondimento».
I carabinieri ricordano che l’escavazione clandestina oltre a costituire un illecito penale secondo l’ordinamento italiano comporta un evidente danno al patrimonio culturale nazionale.