Il giudice Bonisoli ha condannato a 2 anni e 600 euro di multa Gianfranco Alasia, l’uomo imputato di truffa ai danni dell’Inps. Ma, soprattutto, l’uomo che si tenne in casa in via Bonzanigo per oltre 6 mesi la zia anziana morta per cause naturali, Luigia Laferrere di 90 anni, continuando a fare prelievi con il bancomat dal suo conto corrente sul quale veniva regolarmente versata la pensione.
Ieri pomeriggio, al termine della requisitoria, il pm Laura Deodato aveva formulato la richiesta di una condanna a 2 anni e mezzo e 600 euro di multa.
«Anche se il contesto che giuridicamente si delinea è quello della truffa aggravata a carico dell’Inps – ha detto il pm – il tema che campeggia qui e quello che fa inorridire è il vilipendio di un cadavere in un ambito familiare. Lui che ha approfittato della morte di questa zia per continuare a ritirarne la pensione tenendone al suo fianco il cadavere riempiendo la casa di profumatori.
Non era vero che non disponeva dei soldi per i funerali – ha affermato ancora – ma ha taciuto il decesso per continuare a prendere i soldi della pensione che ritirava con prelievi bancomat di cui era in possesso».
E, ha ancora ricordato il pm, tutto si è scoperto solo per una causa esterno, ovvero l’accesso all’alloggio dell’ufficiale giudiziario per lo sfratto esecutivo altrimenti «per chissà quanto tempo ancora avrebbe tenuto il cadavere in quella stanza».
Passando poi alla personalità di Alasia che «Non è un povero disperato non in grado di farsi carico di un funerale.
Ha 24 precedenti penali in ogni genere: condotte di simulazione di reato, associazione a delinquere su leggi finanziarie, bancarotta fraudolenta, frode processuale. Tuttora ha società attive».
Non si è tenuto il corpo in casa della zia non per questioni di affetto ma solo per continuare a prendere la pensione, la sua conclusione.
Di diversa lettura l’arringa della difesa, rappresentata in aula dall’avvocato Malabaila che con il collega Carabzano ha seguito l’imputato. La difesa ha posto la questione su due aspetti. Il primo è la non sopravvenuta prova che a fare i prelievi con il bancomat dell’anziana donna, dopo il suo decesso, fosse il nipote in quanto non sono stati recuperati i video degli sportelli. E poi contesta il dolo della truffa in quanto Alasia, all’atto del decesso della zia di cui si era sempre occupato fino a quel momento, ha chiamato il 118 e ha fatto certificare la sua morte. Se avesse voluto nasconderla, non avrebbe fatto intervenire i soccorritori, è il ragionamento della difesa.