Nel gruppo che stamattina ha dato vita al presidio davanti ai cancelli di ingresso al Tribunale di Asti c’erano donne che da 30 anni fanno lo stesso lavoro delle dipendenti della Ferrero di Alba, nell’ambito del confezionamento di prodotti Kinder, ma hanno buste paga decisamente più leggere e nessuno dei benefit riservati alle colleghe assunte direttamente dalla società.
Dopo gli scioperi di un anno fa e un’azione di sensibilizzazione, la rivendicazione arriva dunque davanti a Palazzo di giustizia, per la prima udienza di fronte al giudice del lavoro al quale le lavoratrici (sono tutte donne e gran parte di loro migranti) si sono rivolte per farsi vedere riconosciuti i loro diritti con equiparazione degli stipendi.
In causa sono state chiamate la cooperativa Proteco per la quale lavorano e la Ferrero che da decenni affida appalti di esternalizzazione della manodopera.
Al centro della rivendicazione quel contratto della categoria multiservizi: «Forse il più misero fra i contratti già miseri a fronte di quello dell’industria alimentare che viene applicato ai dipendenti diretti di Ferrero» spiega Elena Beltramo, rappresentante del sindacato Usb che sta sostenendo il gruppo di lavoratrici da un anno a questa parte.
«Hanno contratti con ore settimanali che vanno dalle 20 alle 32. E anche chi ha 40 ore, quindi contratto pieno, arriva a malapena a prendere 1200 euro netti al mese» spiega ancora Beltramo.
Per Usb quello che sta avvenendo sulle spalle delle lavoratrici Proteco è un vero e proprio sfruttamento che necessita di riscatto e rispetto della dignità.
«Non possono esserci due “mondi” del lavoro: da un lato i dipendenti diretti e dall’altro il lavoro sottopagato degli appalti» dicono ancora da Usb.
Il presidio è ancora in corso e durerà fino a quando non uscirà il loro avvocato dall’udienza per sapere come è andata.