L’emergenza cinghiali che è esplosa da qualche settimana in tutto il Piemonte non accenna ad abbassare i toni e l’attenzione è sempre alta.
Un tema caldo che ha visto scendere sul fronte delle notizie anche Paolo Lanfranco, presidente della Provincia di Asti che ha deciso di togliersi qualche “sassolino” dalle scarpe.
Soprattutto in risposta alle associazioni di categoria, in primis la Coldiretti, che ha gridato alla “beffa” alla proposta dell’assessore regionale all’agricoltura Protopapa di istituire una filiera della carne di cinghiale come deterrente alla proliferazione degli ungulati selvatici. Una proposta che era già stata fatta e portata avanti proprio dalla Provincia di Asti.
«Ma non da soli – sottolinea Lanfranco – bensì al tavolo tecnico che si sta riunendo da mesi in cui tutti gli attori sono ben consapevoli dell’emergenza cinghiali prima che venisse fuori in modo così plateale nelle ultime settimane. Tavolo tecnico a cui hanno partecipato tutte le associazioni di categoria degli agricoltori e che ha lavorato proprio alla proposta di una filiera della carne di cinghiale da presentare alla Regione. Lo stesso presidente Coldiretti Reggio – prosegue Lanfranco – non più tardi di quindici giorni fa mi ha telefonicamente sollecitato a portare avanti questa proposta. E poi leggo le sue dichiarazioni fortemente critiche sul punto».
Lanfranco aveva anche informalmente consultato i cacciatori, molti dei quali si erano detti favorevoli alla filiera e aveva già interessato anche i veterinari dell’Asl per verificare tutti i passaggi necessari per mettere sul mercato una carne controllata.
«Una soluzione che andrebbe anche, fra le altre cose, a regolarizzare e far emergere una filiera che già esiste – ha detto Lanfranco – Ed è stata un’idea anche molto apprezzata dai sindaci ai quali è stata sottoposta. Per questo mi stupisco molto per certe esternazioni».
Lanfranco ha ricordato che in Provincia di Asti è consentito ogni tipo di metodo di contenimento dei cinghiali, e ha anche fornito i dati del piano triennale nell’ambito del quale sono stati abbattuti 512 capi nel 2019 e oltre 1600 nel 2020 nonostante il Covid. Quest’anno siamo già a 652 nei primi quattro mesi.
«Sono numeri che altre province piemontesi ci invidiano – dice ancora Lanfranco – Tenendo presente, che, ad esempio, la Città Metropolitana l’anno scorso ha fatto 400 abbattimenti. La proliferazione sul nostro territorio è dettata anche dal minore contenimento nelle province vicine, visto che i cinghiali non conoscono confini».
Lanfranco ha comunque sottolineato di volersi mettere a disposizione per discutere di ogni possibile metodo di contenimento degli ungulati: «Ma che sia valido e fattibile da subito, non come la sterilizzazione che è ancora una pratica in via di sperimentazione e neppure in Italia».