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Cronaca

Asti, vittima di usura: «Per 30 mila euro di prestito, 9 mila euro di interessi al mese»

In tribunale il racconto di un anno nel girone dantesco degli usurai

Lucida, precisa nelle date e negli importi per quanto si possa essere quando per oltre un anno si vive in un turbinio di prestiti, di interessi da restituire, di “buci” da coprire per paura di ricevere il male promesso nelle minacce.
E’ durata diverse ore la testimonianza di una giovane donna che ha fatto il suo racconto dei rapporti di dare e avere con due famiglie e un gruppo di altri imputati accusati di usura ed estorsione nei confronti suoi e della sua famiglia.
Lei è una donna di origini albanesi emigrata in Italia a metà degli Anni Novanta con i genitori e un fratello.
Con grande disinvoltura e sincerità ha raccontato il vizio di famiglia per il gioco d’azzardo.
«Prima era solo mio padre a giocare, si spendeva tutti i soldi dello stipendio alle macchinette e mia madre doveva fare due o tre lavori per mantenere la famiglia. Poi questo vizio ha contagiato anche mia madre e, quando siamo cresciuti, anche me e mio fratello».
Fiumi di denaro che finivano in ogni sorta di gioco. Fino a quando la fortuna sembrava aver baciato la famiglia.
«Mia madre faceva la badante e abbiamo ricevuto una prima eredità da un uomo che mi trattava come una nipote e ci lasciò due appartamenti oltre a qualche decina di migliaia di euro. Poi, due anni dopo, un’altra eredità molto grossa fatta di soldi, case, una polizza vita da 500 mila euro. In tutto 3 milioni di euro».
Un’eredità però contestata da una nipote che aveva impugnato il testamento e, di conseguenza tutto quel patrimonio era stato posto sotto sequestro.
«Noi intanto avevamo già speso in gioco molto di quel denaro ereditato e ci siamo trovati senza soldi – ha raccontato – Quelle eredità invece di aiutarci hanno peggiorato il nostro vizio». Diventarono abituali frequentatori dei principali casinò con puntate che arrivano a 100 mila euro a serata, fra contanti, assegni, prelievi con carte di credito.
Con i fondi bloccati per il processo sull’eredità, la famiglia va in “crisi di liquidità” e il fratello si rivolge ad un amico, imputato (Nikolly Khresnik). «Gli chiese un prestito da 10 mila euro e lui impose un interesse di 3 mila euro al mese fino alla restituzione del capitale. Io trovai 13 mila euro per restituire tutto al primo mese, consegnai i soldi a mio fratello il quale però pagò solo gli interessi mentre i 10 mila euro di capitale li giocò. Da lì iniziarono i nostri problemi e ci rivolgemmo prima a Riccardo Lo Porto che conoscevamo bene perchè era un amico di famiglia e poi arrivammo alla famiglia Olivieri e ad altri personaggi che prestavano soldi».
Il resto della testimonianza della donna è stata la ricostruzione di un giro frenetico di soldi: prestiti da 50 mila euro con restituzione di 90 mila in pochi mesi, altro prestito da 20 mila euro con interessi di 5 mila al mese e via di questo passo, con somme crescenti di interessi. In un caso, a fronte di 30 mila euro di prestito ne nevvero pagati 72 mila solo di interessi.
«Ad un certo punto chiedevo solo più soldi a uno per pagare gli interessi ad un altro. E in mezzo ricevevamo messaggi e telefonate di minacce e quando venivano a ritirare gli interessi al bar di mio fratello dove lavoravo anche io pensavano di potersi approfittare di me solo perchè gli dovevo dei soldi».
Un ricordo che l’ha fatta commuovere tanto da chiedere un’interruzione della deposizione. L’udienza ha visto anche l’allontanamento dall’aula della parente di un imputato che, mentre la testimone parlava, si è abbassata la mascherina e l’ha derisa applaudendola.
In aula, davanti al collegio di giudici presieduto dal dottor Dovesi (a latere bertello Motta e Dematteis), la donna ha risposta alle domande del pm Greco su quella sera del giugno del 2018 quando stava viaggiando in auto in strada Fortino e fu raggiunta da alcuni colpi d’arma da fuoco. «Sentii gli spari, mi buttai sul sedile di fianco e l’auto andò a sbattere contro il marciapiede. Intervenne la Polizia e ai primi interrogatori non parlai del fatto che la mia famiglia era in mano agli usurai, ma poi loro sequestrarono il telefono, fecero indagini e sentirono anche in diretta una telefonata di Rosa Vinotti che mi chiedeva i soldi che dovevo restituire».
La donna ha riferito che la sua famiglia fu costretta a vendere tutto quello che aveva per far fronte ai debiti e che le venne fatto firmare, da parte di Emanuele Lo Porto, anche un compromesso di intestatazione di uno dei suoi alloggi a garanzia di un prestito.
«Firmai perchè avevo una grandissima paura di quello che avrebbe potuto fare a me o a mio fratello».
«Ma alla fine abbiamo restituito ogni centesimo» ha concluso.

Daniela Peira

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