Indagine nata per caso
Un processo da preparare: si parla di un gruppo di albanesi imputati di spaccio di droga dalla Procura di Asti. Il loro avvocato astigiano, Roberto Caranzano, sfoglia il fascicolo del dibattimento per studiare l’udienza e si imbatte nel consueto “foglio notizie”, quello che riassume le spese del procedimento penale che, in caso di condanna, dovranno essere sostenute dagli imputati. In tutto 27 pagine, prevalentemente il report delle intercettazioni avvenute fra la fine del 2011 e i primi mesi del 2015, che sembrano tante per la rilevanza del processo. L’avvocato si sofferma, legge la prima pagina e fa un salto sulla sedia: intercalate alle intercettazioni pertinenti agli imputati, sono indicati decine di nomi di avvocati di Asti, Torino e Cuneo, di consulenti, di giudici onorari. Compaiono tutti come se fossero stati intercettati.
Parte da qui la vicenda che da tre giorni tiene banco nel mondo giudiziario piemontese. Decine di avvocati intercettati dalla Procura di Asti? Considerando che la legge lo vieta?
Un elenco di 27 pagine con i nomi degli studi legali
Da quel fascicoletto di 27 pagine sembrerebbe di sì.
Parte la catena di avvisi: l’avvocato informa la sua Camera Penale che incontra Procuratore e presidente del Tribunale ed espone quanto accaduto.
Il Procuratore, a stretto giro, ordina un’indagine che arriva a conclusioni rassicuranti: «Non ci sono state intercettazioni di studi legali, avvocati, giudici e consulenti». E allora? Come ci sono finiti quei nomi nel foglio delle intercettazioni?
La risposta è quella di un “pasticcio” informatico del sistema centrale del Ministero che ha inserito per sbaglio quegli elenchi fra le intercettazioni.
I dubbi che rimangono in piedi
Ma ciò non fuga alcuni dubbi.
Il primo è che non è un elenco unico che può essere finito per sbaglio: i nomi degli avvocati sono intercalati a quelli degli imputati, in una “contaminazione” che il responsabile informatico dovrà spiegare.
E poi, ad ogni riga di intercettazione di studio legale, corrisponde una posta di costo. Se non è relativa all’ascolto di conversazioni di avvocati, a cosa corrisponde?
Un altro dubbio nasce dal fatto che ogni foglio di quel fascicoletto è siglato a mano e in alcune pagine sono apposte note a biro, segno che non si tratta meramente di un “parto” automatico del sistema informatico, ma da qualcuno è stato controllato e vistato. Possibile che non si sia accorto delle decine di nomi di studi legali contenuti?
Il conto “esagerato”
Ultimo dubbio quello sull’entità del conto finale dell’indagine, poco meno di 560 mila euro dei quali 435 mila solo di intercettazioni. Anche su questo il procuratore rassicura: «E’ stato tutto riscontrato fino all’ultimo centesimo. Ogni spesa riportata su quel foglio notizie è stata sostenuta per quel procedimento. E questo non mi sorprende, conoscendo il rigore di chi mi ha preceduto» ha concluso Perduca.
«Gli avvocati non sono stati intercettati»
«Non c’è stato alcun avvocato bersaglio di intercettazioni»: a parlare è il procuratore della Repubblica di Asti, dottor Alberto Perduca, sul cui capo è atterrata questa brutta vicenda che risale ad anni in cui non era lui titolare dell’ufficio astigiano. «Il 14 gennaio sono venuto a conoscenza da un avvocato di Asti di quanto riportato sul foglio notizie allegato nel fascicolo del giudice. Ho immediatamente disposto un’indagine con priorità assoluta affidata alla pg che si è conclusa il 4 febbraio con un’archiviazione a firma mia e del sostituto Paone. Questo perché, nel procedimento in cui era inserito il fascicolo, non risultano esserci intercettazioni di utenze in uso ad avvocati, studi legali o giudici».
Il secondo passo del Procuratore è stato quello di verificare l’ammontare delle spese liquidate da ottobre 2011 a gennaio 2015 per le indagini sul procedimento per droga. «Tale somma – scrive in una nota lo stesso dottor Perduca – ovvero 559.221,08 euro è risultata trovare piena corrispondenza nell’importo riportato nel foglio notizie compilato ed inserito nel fascicolo del giudice».
«Le spiegazioni non ci convincono»
Mentre la Camera Penale di Torino è scesa sul piede di guerra, quella di Asti mantiene un profilo più cauto.
«Invito alla massima prudenza poiché la vicenda è ancora in gran parte da chiarire – scrive l’avvocato Alberto Avidano, presidente – Di certo l’apparenza è seria perché l’art. 103 vieta espressamente l’intercettazione relativa a conversazioni di avvocati e il farlo fuori dai casi consentiti costituisce reato. Serve anche verificare – prosegue l’avvocato Avidano – se quelle imponenti spese siano state davvero sostenute perché, almeno apparentemente, quella indagine non giustifica costi di quella entità.
I primi esiti porterebbero ad individuare nel SIAMM (il sistema informatico ministeriale che gestisce le spese di giustizia) la causa del tutto, ma ad oggi le risposte pervenute non sono né chiare, né esaustive».
Concludendo con un fermo invito a non drammatizzare, almeno in questa fase, una situazione «che chi ne ha il potere e dovere sta cercando di chiarire e che ben potrebbe risolversi in un banale errore informatico».