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Cronaca
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Barbera e aromi artificiali per produrre vini “taroccati” da 90 euro la bottiglia: 9 arrestati

E’ nell’Astigiano la cantina che li produceva. Ai domiciliari i due titolari: sono di Canelli

Bottiglie vendute in Svizzera

Usavano prevalentemente del Barbera   come base cui aggiungere aromi, sciroppi e coloranti quanto bastava per trasformarli in vini pregiatissimi dai prezzi “importanti” che venivano confezionati con etichette e fascette doc e docg totalmente false, realizzate da stamperie sparse in tutta Italia.

E, sapendo che in Italia era molto probabile incappare in un consumatore che conosceva bene il vino originale, vendevano le bottiglie all’estero, quasi tutte in supermercati svizzeri.

In due anni sono state 60 mila le bottiglie contraffatte intercettate ed è stato stimato un guadagno di oltre un milione di euro.

Operazione di Guardia di Finanza e Nas

Sono i numeri di una importante operazione contro la contraffazione di vino portata a termine ieri dai carabinieri del Nas, dai finanzieri del Comando provinciale di Asti e dai carabinieri del Comando provinciale di Cuneo, del Comando di Asti e della Compagnia di Canelli. A coordinare le indagini il procuratore della Repubblica di Asti, dottor Alberto Perduca con il sostituto procuratore dottoressa Dentis.

Nove le persone colpite da misure cautelari: 5 agli arresti domiciliari e 4 con obblighi di dimora. Fra coloro che sono ai domiciliari anche i due indagati astigiani che vivono a Canelli. Sono accusati, a vario titolo di associazione a delinquere per riciclaggio, contraffazione di pubblici sigilli, frode nell’esercizio del commercio di bevande, contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine alimentare, emissione di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione e distruzione di scritture contabili. Il tutto a livello internazionale.

Ad Asti la cantina che produceva i vini contraffatti

Due degli indagati agli arresti domiciliari, sono i titolari della cantina (con più sedi operative, sempre attive nella nostra provincia) che materialmente realizzava il vino contraffatto, dalla sua produzione al suo imbottigliamento e confezionamento per la spedizione.

Come già accennato, partendo da una base di Barbera, aggiungevano aromi e sostanze chimiche fino a riprodurre un vino finale che richiamava, per colore, gusto e profumo dei “giganti” del mondo vinicolo italiano quali Tignanello, Sassicaia, Sito Moresco, Amarone della Valpolicella, Valpolicella Superiore Ripasso 2015. Le aziende vinicole le cui etichette venivano “copiate” erano Gaja, Marchesi Antinori, Tenute San Guido, Ornellaia e Massetto. E’ ancora presto per dirlo, ma queste aziende potranno costituirsi parte civile nei confronti degli arrestati per chiedere i danni materiali e di immagine alle loro prestigiose etichette.

Nella loro inchiesta, Procura, Guardia di Finanza e Carabinieri italiani hanno trovato la collaborazione dell’autorità giudiziaria della Repubblica Elvetica del Canton Ticino per i profili di competenza territoriale sul fronte della commercializzazione nei supermercati svizzeri che, dal canto loro, erano totalmente ignari della provenienza illecita del vino.

Sequestrati i clichè nelle stamperie di etichette e fascette false

L’operazione aveva avuto un primo momento di verifica già nel giugno del 2018 con l’esecuzione di perquisizioni in tutto il centro nord Italia. In quell’occasione vennero sequestrate 15 mila bottiglie di vino contraffatto, 19 clichè per la stampa di etichette e fascette, oltre 10 mila etichette già pronte, 8400 contrassegni di Stato per vini Doc e Docg, 165 mila capsule di chiusura per bottiglie con marchi o loghi di aziende vitivinicole oltre a 200 chili di aromi, sciroppi e coloranti il cui uso è vietato in enologia.

Un’attività, spiegano gli inquirenti, orientata alla tutela della concorrenza e del sistema imprendi-toriale sano, allo stato fortemente provato dalla sensibile contrazione dell’economia dovu-ta all’attuale emergenza sanitaria, nonché del Made in Italy agroalimentare e dei consuma-tori, potenziali destinatari di prodotti privi dei requisiti minimi di qualità e sicurezza.

Daniela Peira

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