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Bruxelles, città ferita raccontata dai nostri testimoni
Cronaca

Bruxelles, città ferita raccontata dai nostri testimoni

All’indomani degli attentati di Bruxelles si raccolgono le storie di vittime e di sopravvissuti. Ma anche testimonianze incredibili di chi è scampato ad una morte violenta quanto assurda

All’indomani degli attentati di Bruxelles si raccolgono le storie di vittime e di sopravvissuti. Ma anche testimonianze incredibili di chi è scampato ad una morte violenta quanto assurda per un soffio e oggi ringrazia di poter essere qui a parlarne. E’ successo a un’astigiana, Anna Ghione produttrice e titolare dell’omonima casa vitivinicola di Canelli che a Bruxelles era andata per presentare il suo Moscato in occasione di una degustazione guidata organizzata in un albergo fuori città da un importatore locale, a poca distanza dall’aeroporto. Lunedì gli impegni di lavoro erano terminati e martedì mattina Anna, insieme ad altri produttori piemontesi, avrebbe dovuto fare ritorno in Italia in aereo.

«Martedì mattina mi ero svegliata piuttosto presto, volevo raggiungere l’aeroporto in anticipo rispetto all’orario di partenza. Erano circa le 8,15 quando ho lasciato l’albergo per dirigermi alla fermata del tram, che mi avrebbe portato alla stazione della metropolitana e poi da lì in aeroporto. Il caso ha voluto che per un soffio ho perso il tram ma sul momento non mi sono seccata, avevo molto tempo a disposizione, e così ho cominciato ad attendere il successivo. Una donna in quel momento mi è passata accanto e, notato il mio trolley, mi ha chiesto se fossi in partenza e se dovessi raggiungere l’aeroporto. Ho risposto di sì e così lei mi ha avvisato dell’attacco terroristico, della bomba appena scoppiata e che i voli sarebbero stati cancellati. Siccome ero straniera, mi ha ripetuto la notizia molte volte, per essere sicura che avessi capito bene. A quel punto io capì che era inutile prendere il tram e così sono tornata in albergo.

E’ stata la mia fortuna perché dopo poco meno di un’ora un’altra bomba è esplosa nella metropolitana dove io sarei transitata. Continuo a pensare che l’aver perso il tram e l’incontro con quella donna mi abbiano salvato la vita. In albergo ho ritrovato gli altri produttori piemontesi con cui avevo lavorato il lunedì precedente. Eravamo spaventati, non sapevamo cosa fare. Per noi l’unica priorità era lasciare nel minor tempo possibile la città e rientrare in Italia. Per strada c’era polizia ovunque e militari, armati fino ai denti. Le notizie che leggevamo sui nostri smartphone parlavano di voli cancellati, treni bloccati e frontiere chiuse. Per fortuna uno di noi era venuto in macchina così abbiamo provato a varcare la frontiera. Non abbiamo avuto problemi a lasciare il Belgio e dopo un lungo, estenuante viaggio durato dieci ore siamo rientrati a casa.

Sono stata molto fortunata, perché se il destino avesse voluto diversamente a quest’ora, molto probabilmente, non sarei qui a parlarne o comunque sarei rimasta coinvolta in qualcosa di orribile, difficile da dimenticare. In ogni caso non scorderò mai la paura, lo sgomento e il senso di impotenza di quelle ore. La città sotto assedio, la percezione di essere in costante pericolo». Mercoledì mattina Anna Ghione era già tornata al lavoro. In lei la voglia di riappropriarsi della propria quotidiana normalità e l’intento di lasciarsi alle spalle la brutta avventura.

Lucia Pignari

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