Udienza importantissima quella che si è tenuta mercoledì mattina davanti al gip Giannone nel procedimento per l’omicidio di Luigi Di Gianni
Udienza importantissima quella che si è tenuta mercoledì mattina davanti al gip Giannone nel procedimento per l’omicidio di Luigi Di Gianni, il titolare di night ucciso a colpi di fucile davanti alla sua casa di Isola nel gennaio del 2013. Per quell’efferato omicidio sono indagati due giovani, Ferdinando Catarisano, residente ad Asti e il cugino Ivan Commisso che vive in Svizzera. Non solo sono indagati, ma da due mesi sono anche in carcere, per la grave accusa di aver portato a termine la “spedizione punitiva” organizzata contro di Di Gianni dopo una discussione riguardante dei debiti sulla gestione del night club Odeon di Strevi, di proprietà della compagna di Catarisano. Le indagini per arrivare ai nomi dei due sono state fatte dai carabinieri di Asti coordinati dal pm Boschetto.
Un’inchiesta difficile e tutta in salita, fin dalle sue prime battute. Basti pensare che per due volte il gip di Asti ha rigettato la richiesta di arresto a carico dei due, avvenuta solo due anni dopo a seguito di una sentenza della Corte d’Appello di Torino confermata in Cassazione. Oltre ad una serie di circostanze prettamente indiziarie, sono soprattutto i contenuti di alcune intercettazioni ambientali e telefoniche ad aver spinto gli investigatori a sviluppare la pista che portava ai due sospettati. Ma si tratta di conversazioni avvenute in dialetto calabrese stretto, quello dei loro paesi d’origine, che ha sollevato non pochi dubbi ed obiezioni in tema di traduzioni. Fino a spingere il gip Giannone a dare incarico ad un perito, il professor Romito, per la traduzione di quelle parti fortemente incriminanti, secondo la “lettura” fatta dagli investigatori e dal consulente del pm.
Mercoledì mattina, in aula, il professor Romito ha fatto una lunga ed articolata deposizione confermando le conclusioni della perizia. «Il perito al quale non può che essere riconosciuto un altissimo profilo professionale – ha commentato l’avvocato Mirate a fine udienza – ha dato una lettura difforme delle intercettazioni che hanno portato i miei clienti alla carcerazione». I passaggi salienti in cui gli investigatori hanno individuato ammissioni di coinvolgimento dei due nell’omicidio, sono anche quelli più disturbati da rumori di fondo e da musica. Per questo il perito ha fatto una lunga disquisizione sul metodo usato per l’analisi dell’ascolto con implicazioni anche psicologiche attinenti le dinamiche delle traduzioni.
E gli avvocati difensori hanno confrontato meticolosamente l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Torino che ha deciso per la carcerazione dei due con la perizia del professor Romito, arrivando a trovare oltre 20 difformità di trascrizione e traduzione di quanto ascoltato nelle intercettazioni. Dove, ad un certo punto si sente parlare di “averne ammazzato uno”, secondo il perito del giudice si stava parlando di serpenti, e non di un uomo; dove si faceva riferimento ad un omicidio, sempre secondo il perito chi parlava si stava riferendo ad una notizia di telegiornale, forse addirittura un telefilm; dove gli investigatori hanno sentito, in un’intercettazione su un’auto, la simulazione di una sventagliata di colpi, il perito ha invece dato la lettura di un brano canticchiato sopra una canzone mandata dalla radio.
Alla luce di quanto riferito dal perito, gli avvocati difensori hanno chiesto la scarcerazione dei loro clienti e sul punto il pm si è riservato due giorni per decidere. Intanto l’udienza è stata rinviata al 15 settembre quando si dovrebbe discutere il loro rinvio a giudizio oppure il processo secondo rito abbreviato se i difensori decideranno di richiederlo. «L’impressione è che la perizia mantenga saldi i gravi indizi di colpevolezza anche con riferimento alle conversazioni citate dal tribunale del Riesame delle quali alcune neppure sono state oggetto di contestazione e controllo da parte del perito – è il commento dell’avvocato Rattazzi che assiste la moglie di Di Gianni costituitasi parte civile – Senza contare che oltre alle intercettazioni telefoniche ed ambientali, ci sono altri indizi che corroborano la tesi accusatoria».