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Cronaca
Carabinieri

Carabinieri: a San Damiano la base dei sinti accusati di furti in batteria in Piemonte e Veneto

Usavano due Skoda Yeti truccate, con targhe contraffatte e nascondigli invisibili in cui nascondere la refurtiva. Furti anche ad Asti.

Appartengono alla comunità di sinti di San Damiano (o sono comunque ad essa collegata) le 13 persone arrestate ieri dai carabinieri di Cuneo nell’ambito dell’Operazione Yeti coordinata dalla Procura della Repubblica di Asti.

Sono accusati di essere gli autori di 28 tra  furti tentati e altri andati a buon fine fra Cuneo, Asti, Verona e Vicenza avvenuti fra settembre 2024 ed aprile 2025.

Al momento delle perquisizioni avvenute ieri mattina, i carabinieri hanno ritrovato 130 mila euro in contanti, tre armi illegalmente detenute, materiale per falsificare le targhe, 2 auto modificate per ricavare dei vani in cui nascondere la refurtiva che era costituita da soldi, gioielli ma anche borse e vestiti griffati.

La “batteria” agiva perlustrando le campagne e le periferie alla ricerca sempre dello stesso tipo di casa: isolata, autonoma, e senza occupanti al momento del furt.  Per accertarsene suonavano il campanello e se nessuno rispondeva si introducevano scassinando porte e finestre e aprendo le casseforti con i flessibili. Ma erano attrezzati anche per entrare nelle case dotate di sistemi d’allarme.

L’indagine a loro carico è iniziata a settembre, nel Cuneese, quando i carabinieri indagando su alcuni furti, hanno trovato importanti indizi sulle varie scene del crimine. Di qui sono risaliti alla rosa di presunti ladri che sono stati prima identificati e poi, per mesi, pedinati nei loro vari “viaggi di lavoro” anche fuori regione. Fino a raccogliere sufficienti elementi di prova da chiedere ed ottenerne l’arresto.

Le razzie, hanno spiegato i carabinieri, erano attentamente pianificate ed eseguite con una cadenza settimanale. Per arrivare sul luogo del furto e scapparne, la banda usava delle vetture di grossa cilindrata, Skoda Yeti   molto performanti grazie anche alle elaborazioni del motore eseguite da meccanici cuneesi.  Inoltre presentavano dei vani nascosti in cui stipare la refurtiva in caso di controlli stradali.

Sulle auto applicavano delle targhe contraffatte e per comunicare fra loro utilizzavano delle ricetrasmittenti per evitare le intercettazioni.

Le indagini proseguono ora per riscontrare la provenienza della notevole refurtiva recuperata durante le perquisizioni.

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