Non ha spiegato come fossero arrivati nella sua disponibilità ma qui due telefoni cellulari lo portano direttamente a processo davanti al giudice Bonisoli. Perchè se è legittimo per chiunque possedere uno o due o quanti cellulare si vuole, non lo è per un detenuto nel carcere di Alta Sicurezza come quello di Asti.
L’uomo, originario del sud, difeso dall’avvocato Denise Laforè deve rispondere di due diversi episodi in cui è stato trovato con un cellulare. In un caso era contenuto in un sacchettino appeso fuori dalla finestra della cella nel tentativo di sottrarlo alle ispezioni periodiche che le guardie carcerarie fanno nelle sezioni.
E, sempre difeso dall’avvocato Laforè, fra qualche giorno comparirà davanti al giudice un altro detenuto del carcere di Asti accusato dello stesso reato, cioè di aver utilizzato un cellulare in cella, cosa assolutamente non permessa. A lui sono risaliti perchè il telefonino, ritrovato in spazi comuni, conteneva una foto che gli investigatori hanno ricondotto a lui. Anche se l’imputato nega fermamente di aver mai posseduto quel cellulare.
La presenza dei telefonini in carcere è un fenomeno in crescita. Durante le perquisizioni si trovano nascosti nei luoghi più impensati. Alcuni sono integri, altri smontati e senza Sim; qualcuno contiene ancora foto e rubriche telefoniche mentre altri vengono ritrovati completamente “ripuliti”.
Mentre spesso rimane un mistero come entrino nelle strutture super controllate (in altre carceri italiane sono stati scoperti invii attraverso i droni nei cortili frequentati dai detenuti) nella maggior parte dei casi sono le accurate ispezioni a rintracciarli. Oppure, come già accaduto anche con detenuti rinchiusi al carcere di Asti, attraverso le intercettazioni cui è sottoposto il destinatario della chiamata.
Il più delle volte, i cellulari vengono usati per contattare le famiglie, anche attraverso i canali social che consentono di inviare foto o fare videochiamate.
La gran parte dei detenuti a Quarto sono originari del sud Italia e questo pone molti ostacoli alle visite frequenti, così i detenuti li aggirano procurandosi un cellulare per chiamare casa. A volte solo per una chiacchierata, altre volte per essere presenti, seppur virtualmente, a cerimonie o feste che riguardano parenti.
Questa situazione riguarda ancor più i detenuti stranieri che hanno nei social l’unico modo di comunicare con casa. E, in regime di Alta Sicurezza, le videochiamate consentite sono molto poche.
Un comportamento severamente vietato che, oltre ad ulteriori processi e condanne, fa perdere ai detenuti i giorni di buona condotta e dunque la speranza di liberazione anticipata mettendo a rischio ogni tipo di beneficio di cui può in futuro usufruire.
Solidarietà
- Nemanja Babic