Da una parte il pm Deodato che sul caso di Elena Ceste non ha ceduto un solo millimetro insieme ai difensori di parte civile che rappresentavano la famiglia della donna uccisa e i suoi quattro figli.
Dall’altra gli avvocati Giuseppe Marazzita (nella foto sotto) ed Enrico Scolari che lo hanno difeso in primo grado, in appello e in Cassazione.
Avvocato Marazzita, lei ha preso “in corsa” un processo, quello contro Michele Buoninconti, che nei tre gradi di giudizio non ha avuto la benchè minima scalfittura e nessuno sconto rispetto ai 30 anni inflitti dal giudice di Asti. Secondo lei c’erano dei margini giudiziari per una lettura diversa della tragica morte di Elena?
Sembrerà semplice parlare con il senno del poi, ma sicuramente,avrei fatto una scelta diversa da quella del rito abbreviato. Quando sono subentrato era già stato chiesto e non si poteva tornare indietro. Secondo me invece quel processo puramente indiziario era proprio uno di quelli dove la mancanza di prove avrebbe potuto fare la differenza di fronte ad una Corte d’Assise. Abbiamo lottato per introdurre consulenze per colmare le lacune dell’istruttoria e in dibattimento pubblico avremmo avuto molto più margine per sviluppare la nostra teoria difensiva.
Cosa intende per indizi e non elementi di accusa diretti?
Gli spostamenti accertati di Michele la mattina di quel 24 gennaio 2014 sono compatibili con quanto da lui dichiarato spontaneamente. L’autopsia non ha accertato la causa della morte di Elena, indicandola come conseguenza di soffocamento: l’unico punto incompleto dei resti ritrovati e dunque non poteva essere smentita ma neppure confermata. Sul posizionamento di Michele in base alle celle telefoniche c’erano margini discrezionali sugli “agganci”. Il tempo molto ristretto in cui sarebbe avvenuto l’omicidio e l’occultamento del cadavere. La totale mancanza di fango sugli abiti e sulle scarpe di Michele notata dai vicini di casa di ritorno dal primo giro di ricerca di Elena che l’accusa indica come momento in cui si è recato sulle rive del rio Mersa per abbandonare il corpo.
Quanto ha pesato la pressione mediatica sulla condanna di Michele?
Sicuramente lui, per come si è atteggiato, è sembrato da subito il colpevole perfetto. E non si è più scrollato di dosso questa etichetta. Ma le condanne vanno soppesate su elementi ben più importanti dell’antipatia o dell’indisponenza. In fondo lui può essere compreso per molte sue reazioni fuori dalle righe: aveva appena perso la moglie in circostanze non chiare e aveva sulle spalle il peso di quattro figli piccoli.
Negli anni passati si è parlato tanto di una revisione del processo. A che punto sono le indagini difensive? E’ probabile una richiesta di riproporre il caso a nuovi giudici?
In questo momento non siamo nelle condizioni di poter proporre una richiesta di revisione. Anche perché il Tribunale di Asti ha più volte respinto le nostre richieste di accesso ai reperti per nuove analisi e senza queste non possiamo andare molto lontano. Abbiamo anche tentato la strada degli accertamenti scientifici sul luogo del ritrovamento ma è passato troppo tempo per trovarvi elementi utili.
Anche se non tutto è perduto. Abbiamo intrapreso una ricerca piuttosto singolare frutto delle nuove tecnologie: abbiamo chiesto a tutte le società di gestione dei satelliti artificiali di avere foto satellitari particolareggiate di quel 24 gennaio 2014 nel tratto del rio Mersa in cui venne ritrovata Elena per escludere la presenza di Michele. O per accertare definitivamente il percorso da lui sempre dichiarato che, ovviamente, non contempla alcuna “sosta” per abbandonare un corpo senza vita. Attendiamo le risposte.
Oggi Michele dove è detenuto e come passa le sue giornate?
E’ detenuto ad Alghero, si è laureato e passa le giornate studiando e leggendo.
Lei lo sente abitualmente? Cosa le chiede, cosa le racconta, cosa gli manca di più?
Sicuramente i figli. Il loro distacco è stato un grande dolore anche se con qualcuno sono ripresi i contatti.
Cosa pensa del suo cliente, al centro di una vicenda di cronaca che ha tenuto banco per anni anche a livello nazionale?
Sono profondamente convinto della sua innocenza e che sia vittima della violazione di un diritto fondamentale, ovvero della colpevolezza ogni ragionevole dubbio. Che qui non è stata provata.
Eppure la condanna ha passato il vaglio di tre gradi di giudizio.
Tutti gli errori giudiziari superano i tre gradi di giudizio, altrimenti non sarebbero tali.