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Cronaca
Processo

Castagnole Lanze, chiesti 7 anni e mezzo di condanna per la badante – Il pm: “E’ un’abile cacciatrice di eredità”

Il giudice ha voluto sentire dalla voce dell’anziana vittima la replica a quanto affermato dai testimoni della difesa. La parte civile chiede un risarcimento di 800 mila euro

Un riassunto spietato quello fatto dal pm Greco oggi in chiusura del processo a carico di Anca Egorov, la badante di origini romene da tanti anni nell’Astigiano accusata di circonvenzione di incapace.

In pochi minuti ha messo insieme i dati emersi dalle indagini e confermate in tribunale: «Prima di conoscere Anca Egorov, l’anziana vedova senza figli rimasta sola al mondo aveva un patrimonio documentato di 317 mila euro oltre ai contanti e ai gioielli custoditi in cassaforte e la grande casa di Castagnole Lanze. Un patrimonio che le avrebbe largamente garantito una vecchiaia serena». Ma il pm ha riferito anche il “saldo” dell’anziana al settembre 2023, quando denunciò la sua badante dopo essere tornata da otto anni passati in Romania dove l’imputata l’aveva portata. «Era senza soldi e aveva debiti per circa 3 mila euro con le utenze di luce e gas. Oggi – ha proseguito il pm – la donna vive in grandi ristrettezze economiche, assistita e sostenuta dai servizi sociali. Basterebbero questi conti a chiudere il discorso».

Ha anche ricostruito la personalità della Egorov, ricordando che, pur presentata come geometra e consulente contabile di grandi capacità dai suoi testimoni a difesa, in realtà ha sempre fatto la badante per vivere. Comprando una tabaccheria da 300 mila euro a Santo Stefano Belbo pagata per metà con i soldi prelevati dal conto dell’anziana e l’altra metà con un prestito garantito dall’uomo presso il quale vive dopo averne assistito la madre.

«Più che una esperta geometra mi sembra un’abile cacciatrice di eredità» ha detto il pm in aula.

Schematico e sintomatico anche il cronoprogramma delle date che hanno segnato l’arrivo della badante al totale controllo degli averi di Giuseppina.

«Ad appena 11 giorni dalla morte del marito dell’anziana si è fatta intestare una polizza vita a suo favore, dopo pochi giorni ha ottenuto la procura generale dei conti in banca, poi l’atto di comodato d’uso gratuito della casa di Giuseppina e il testamento in cui Anca risultava erede universale. Per chiudere con l’acquisto della tabaccheria. Possibile che una persona capace di intendere e di volere avrebbe rinunciato in così poco tempo a tutti i suoi averi nei confronti di una donna conosciuta da poche settimane?».

Di qui la richiesta della condanna ma anche la trasmissione degli atti di quasi tutti i testimoni della difesa per falsa testimonianza.

La parte civile, rappresentata dall’avvocato Pierpaolo Berardi (ma erano presenti anche gli avvocati Gai e Racconci nelle vesti di amministratore di sostegno e curatore speciale) ha calcato la mano sulla personalità dell’imputata, definita una donna che ha come stile di vita la manipolazione. E in quanto tale ha subito capito la fragilità di Giuseppina che si è “appesa” a lei e pur di non perdere questa presa, ha abdicato a se stessa. «Per otto anni, quando è stata in Romania – ha detto l’avvocato – l’hanno tenuta isolata in una falsa bolla affettiva perchè non si accorgesse che l’avevano depredata di tutto. Oggi lei ha 80 anni e vive in povertà. Le hanno rubato la vita e la serenità in un momento della sua vita così fragile».

Di qui la richiesta di avere indietro i 317 mila euro come risarcimento del danno patrimoniale cui aggiungerne 500 mila per i danni morali.

L’avvocato difensore, Piera Icardi, subentrata appena all’udienza scorsa, ha parlato di una “donna invisibile”, che nessuno cercava e di cui nessuno si occupava. Tranne Anca che ha invece capito di doversi prendere carico di lei. Ha ribadito che anche quando era in Romania l’anziana poteva in qualunque momento usare il telefono, aveva con sè la rubrica dei numeri e ogni volta che tornava in Italia per le brevi vacanze aveva possibilità di rivolgersi a qualcuno per denunciare questo suo stato di “segregazione”, se ne avesse sentito il bisogno. Invece non lo ha mai fatto. Per questo è arrivata a chiedere l’assoluzione per la sua assistita.

La discussione fra le parti è stata anticipata da un ritorno in aula dell’anziana, chiamata dallo stesso giudice Bertelli Motta che le ha fatto numerose domande, puntuali e precise ottenendo risposte altrettanto concise sulle dichiarazioni fatte dai testimoni della difesa e quasi tutte smentite da Giuseppina.

La sentenza fra una settimana.

(Nella foto gli avvocati Berardi, Gai e Racconci che stanno curando gli interessi dell’anziana vittima)

 

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