Si è chiusa in primo grado, in rito abbreviato davanti al Gup Belli, la vicenda sulla realizzazione dei lavori alla Cittadella del Rugby di Asti che ha visto come imputati il segretario comunale e dell’Unione Tra Langhe e Monferrato Vincenzo Carafa e la responsabile finanziaria Gabriella Cerruti.
E si è chiusa con la caduta di tutte le accuse con la formula “per non aver commesso il fatto”. Tranne una. Un capo di imputazione che riguarda una determina dell’Unione del luglio 2020 in cui il Gup ha ravvisato la sussistenza del falso ideologico circa la definizione della stessa Unione: Cuc (Centro Unico di Committenza) o già stazione appaltante?
Al centro dell’indagine a carico di Carafa (che è già stato assolto nel processo per le assunzioni nei cantieri di lavoro e per ipotesi di reato in riferimento ad alcune sponsorizzazioni) vi era ancora una volta la sua più grande passione: il rugby.
La società sportiva Asd Junior Asti Rugby di cui era dirigente, aveva partecipato ad un bando del Dipartimento dello Sport per finanziare numerosi lavori all’impianto sul Lungo Tanaro per un totale di circa 735 mila euro.
Una cifra che sarebbe stata ripartita per circa il 60% a carico del Dipartimento attraverso un contributo e per il restante 40% a carico della società sportiva.
La prima accusa mossa dalla Procura e dalla Guardia di Finanza fu che la società sapeva fin dall’inizio di non disporre di questa cifra ma avrebbe ugualmente partecipato al bando. Vincendolo.
La seconda accusa rivolta a Carafa insieme alla Cerruti è di aver “approfittato” della sua posizione di alto dirigente dell’Unione Collinare per sceglierla come “stazione appaltante” pur non ricomprendendo il Comune di Asti sul quale si trova l’impianto. Dunque avrebbe preso impegni per lavori a beneficio di altri territori.
E l’Unione non ha solo deliberato il suo impegno come stazione appaltante, ma ha anche anticipato una somma vicina ai 300 mila euro a nome della società di rugby per quel cofinanziamento richiesto per ottenere il contributo.
I difensori degli imputati (Pierpaolo Berardi per Carafa e Davide Gatti per Cerruti) hanno fin dai primi interrogatori portato il riassunto contabile di quel progetto (andato a buon fine) dimostrando che nessun centesimo di quanto ottenuto dallo Stato è stato speso in lavori diversi da quelli previsti dal bando e che gli impegni di spesa della società sportiva erano stati tutti ripianati. Facendo cadere dunque le ipotesi di truffa e molte delle accuse di falso materiale. Per l’unica accusa rimasta in piedi, sono stati condannati ad 1 anno e 4 mesi. Contestualmente è stata disposta la restituzione di tutte le somme sequestrate a Carafa e Cerruti.
«Attendiamo la pubblicazione delle motivazioni – commentano i difensori Berardi e Gatti – ma sicuramente impugneremo in appello perchè riteniamo che non sussista neppure l’accusa per la quale sono stati condannati e puntiamo all’assoluzione completa da tutte le imputazioni».