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Cronaca

Cuore e rene intossicati: «La protesi
difettosa che mi ha accorciato la vita»

Quindici anni fa, il trapianto di un rene gli aveva restituito la gioia e un’aspettativa di vita molto vicina alla normalità, soprattutto quando, finite le terapie anti rigetto, potè finalmente

Quindici anni fa, il trapianto di un rene gli aveva restituito la gioia e un’aspettativa di vita molto vicina alla normalità, soprattutto quando, finite le terapie anti rigetto, potè finalmente rinunciare alla dialisi e progettare un futuro come tutti i suoi coetanei. Nato nel 1974, Giancarlo Gallo ha sempre vissuto a Cisterna con la sua famiglia e lavorava come falegname in un’azienda che produceva pregiate porte in legno nei dintorni di Alba. Pensava, a ragione, che risolto il problema dell’insufficienza renale dovuta ad una malformazione congenita, i conti con il futuro fossero tornati in pari. Invece, suo malgrado, è stata tutta un’altra storia e oggi, quindici anni dopo, è lui a dover fare i conti con un’aspettativa di vita che gli si è accorciata brutalmente davanti agli occhi a causa di una protesi difettosa che ha abbattuto tutti i suoi sogni.

Giancarlo, infatti, è uno degli sfortunati destinatari delle protesi d’anca a marca Depuy che si sono rivelate difettose al punto da rilasciare alte quantità di metalli pesanti quali cobalto e cromo nell’organismo. Sostanze pericolosissime per la salute umana, che l’organismo non è in grado di espellere e il cui accumulo nei tessuti e negli organi ne pregiudica altamente la funzionalità.
Un’intossicazione dall’interno, dovuta all’infiltrazione degli ioni di cobalto e cromo in circolo a causa di un malfunzionamento dello “stelo modulare” delle protesi. La stessa Depuy, all’arrivo delle denunce e delle “revisioni” (cioè la rimozione della loro protesi a favore del reimpianto di una nuova funzionante) aveva deciso di ritirare i modelli incriminati dal mercato sanitario di tutto il mondo, ma questo non è bastato per restituire la salute a persone come Giancarlo, gravemente danneggiato da quel difetto.
Infatti, l’intervento di impianto della protesi nell’anca del giovane uomo di Cisterna è avvenuto all’ospedale di Asti nel 2006, sette anni dopo il trapianto del rene e qualche anno dopo l’agognato stop alla dialisi.

«Per un anno è andato tutto bene – racconta lo stesso paziente – poi ho cominciato ad accusare di nuovo dolore all’anca. I medici davano la colpa al mio peso robusto e mi rassicuravano. Intanto io continuavo a tenermi il dolore che cercavo di limitare come potevo. Al dolore, però, si era aggiunto un crescente gonfiore per trattenuta di liquidi che non era giustificata, visto che il rene trapiantato funzionava bene. Esami su esami per arrivare a stabilire che la colpa era del mio cuore. Mi fu diagnosticata una cardiomiopatia ipocinetica e, contemporaneamente, un’elevata presenza di cromo e cobalto nel mio organismo». Comincia così un nuovo calvario per l’uomo, che da quel momento in avanti registra numerosi ricoveri per scompensi cardiaci fino al consiglio di sostituire la protesi d’anca, cosa che avviene nel dicembre del 2012. Ma ormai il danno è stato fatto: il rilascio di dosi massicce di cobalto e cromo hanno compromesso seriamente prima il suo cuore e, in relazione alla cardiomiopatia, anche la funzionalità dell’unico rene, quello trapiantato. Dal 2013, Giancarlo è nuovamente in dialisi: quattro ore e mezza per quattro giorni la settimana. Una “condanna” resa appena più sopportabile dal sostegno della sorella che lo accompagna all’ospedale di Asti.

Giancarlo ha dovuto rinunciare al lavoro, al termine della dialisi non è in grado di guidare l’auto, fa fatica a salire le scale, non può alzare pesi, la sua vita è condizionata dai farmaci, dagli esami, dalla terapia dialitica e dalla depressione per un futuro senza uscita. E’ la stessa Raffaella Rosate, medico legale incaricato dalla famiglia dell’uomo, a mettere nero su bianco la sua situazione: «Il grave danno cardiaco e la severa insufficienza renale rendono il paziente candidato unicamente a trapianto combinato di cuore e rene, procedura gravata da una elevata mortalità poiché la grave patologia cardiaca controindica il trapianto renale».

E Giancarlo spiega con parole sue: «Ho il cuore e il rene a pezzi per colpa del cobalto e del cromo. Se me li tengo così ho pochi anni davanti perché sono ridotti in pessime condizioni e non si sa per quanto ancora reggeranno. L’unica alternativa è il doppio trapianto che però, oltre al fatto che finora nessun medico si è dichiarato disponibile a tentare in quanto troppo rischioso, ha un’alta percentuale di probabilità di mortalità. E, se anche trovassi cuore e rene compatibili; se trovassi un medico che mi facesse il trapianto; se il trapianto andasse bene, il mio organismo è talmente intossicato da cobalto e cromo (383,4 microgr/L e 58,8 microgr/L) che nel giro di qualche tempo i due organi trapiantati si ammalerebbero di nuovo».

Daniela Peira

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