Domani, mercoledì, i figli maggiori di Elena Ceste e Michele Buoninconti, entrambi ancora minorenni, saranno ascoltati dai giudici della sezione minori della Corte d’Appello di Torino chiamati a decidere se esistano le condizioni affinchè possano incontrare il padre. Loro il padre non lo vedono da oltre un anno, precisamente dal 29 gennaio 2015, giorno in cui, mentre loro e gli altri due figli più piccoli erano a scuola, i carabinieri si sono presentati
Domani, mercoledì, i figli maggiori di Elena Ceste e Michele Buoninconti, entrambi ancora minorenni, saranno ascoltati dai giudici della sezione minori della Corte d’Appello di Torino chiamati a decidere se esistano le condizioni affinchè possano incontrare il padre. Loro il padre non lo vedono da oltre un anno, precisamente dal 29 gennaio 2015, giorno in cui, mentre loro e gli altri due figli più piccoli erano a scuola, i carabinieri si sono presentati nella casa di Motta di Costigliole per notificare l’ordinanza di custodia cautelare all’uomo accusato di aver ucciso la moglie e averne nascosto il cadavere, reati per i quali è già stato condannato in primo grado a 30 anni.
Insieme alla carcerazione vi era anche il divieto di incontrare i figli; divieto che è stato confermato nell’autunno dello stesso anno dal Tribunale dei Minori di Torino che ha disposto l’affidamento dei quattro ragazzini (due maschi e due femmine) ai nonni materni, la decadenza della patria potestà di Michele e l’impossibiltà per lui di incontrarli. Contro queste ultime due condizioni, Buoninconti ha presentato ricorso. Vuole rivedere i figli e vuole essere coinvolto nelle decisioni che li riguardano, siano esse di scuola o di altra natura. Per questo ha dato mandato ai suoi legali di presentare il ricorso la cui discussione è già iniziata davanti ai giudici di secondo grado. I legali di Michele hanno chiamato in causa gli assistenti sociali che avevano relazionato sui rapporti fra padre e figli dopo la scomparsa della madre; conclusioni che avevano portato i giudici a ritenere l’uomo inadatto ad occuparsi dei suoi ragazzi. Gli stessi assistenti sociali, nella scorsa udienza, avevano spiegato nel dettaglio le metodologie seguite e avevano difeso il loro lavoro e le loro conclusioni. A quell’udienza erano presenti gli avvocati di parte civile Tabbia e Abate Zaro (che rappresentano i bambini e la famiglia di Elena nel processo penale contro Michele) e il curatore speciale Giraudo (che ha tutelato i minorenni nel processo al Tribunale dei Minori). Al loro stupore per l’assenza dei legali di Michele, gli stessi che avevano presentato il ricorso e dunque le critiche al lavoro degli assistenti sociali, l’avvocato Scolari aveva risposto secco che non era prevista la presenza di avvocati in quell’udienza e che era un’anomalia che fosse stato consentito ad alcuni di loro di esserci.
A quell’affermazione risponde l’avvocato Carola Giraudo, curatore speciale dei quattro ragazzi: «Tutti i difensori di tutte le parti costituite avevano facoltà di partecipare all’udienza di audizione degli operatori sociali e psicologici attivi sul caso. Ciò nel pieno rispetto del principio del contraddittorio oltre che del principio del giusto processo. Solo in casi eccezionali ed esplicitamente previsti dalla legge – sottolinea ancora l’avvocato Giraudo – come ad esempio il caso dell’audizione del minore, un magistrato può impedire a tutti o ad alcuni dei difensori delle parti la partecipazione ad un’udienza nell’ambito di un procedimento civile».
Daniela Peira