E’ deceduto da due mesi ma ancora non è stato sepolto, in attesa che si chiarissero le responsabilità burocratiche dei due comuni interessati: quello di residenza e quello in cui è morto.
Lui è Mario Bonturi, l’uomo di 65 anni reo confesso dell’omicidio di Luciano Amoretti, orafo di Sanremo, ucciso nel suo appartamento nell’agosto del 2020.
Bonturi, dopo un primo periodo di carcerazione ad Alessandria, era stato poi trasferito al carcere milanese di Opera; lì le sue condizioni di salute, già precarie, sono peggiorate e l’uomo, dopo qualche giorno di degenza all’ospedale di Rozzano, comune dell’hinterland milanese, il 10 gennaio, è deceduto.
Il nullaosta della Procura per i funerali è arrivato la settimana successiva, dopo l’esito dell’autopsia ma si è aperto il “capitolo funerali”.
Bonturi non ha parenti che abbiano reclamato la sua salma e, in questi casi, è lo Stato che si occupa di dargli sepoltura con i cosiddetti “funerali di povertà”.
La legge prevede che a farsene carico sia il Comune di residenza, in questo caso Canelli. Proprio quest’ultima amministrazione, dopo una serie di contatti con Rozzano, ha proposto al comune milanese di provvedere all’inumazione nel loro cimitero comunale e di addossarsi però il costo delle esequie. Ma Rozzano ha rifiutato la proposta perché il suo regolamento di polizia mortuaria prevede il funerale di povertà solo per i residenti. Neanche a fronte del risarcimento delle spese da parte di un altro comune.
E la determinazione dell’amministrazione milanese è ancor più fondata dal fatto che da qualche giorno la salma di Bonturi non è più neppure sul suo territorio. Dopo diverse settimane di “sosta” alla camera mortuaria dell’ospedale di Rozzano, è stata trasferita all’obitorio di Milano.
Ed è lì che, a meno di una marcia indietro del Comune di Rozzano, il comune di Canelli dovrà andarla a prendere per riportarla in terra astigiana e darle sepoltura.