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Cronaca
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Droni in carcere, per contrastarli servono tecnologie più moderne agli investigatori

Riflessioni del Procuratore della Repubblica e del Questore di Asti sul nuovo business della criminalità organizzata

La conferenza stampa di questa mattina sull’importante operazione della Squadra Mobile di Asti che ha fermato una banda che si era inventata un nuovo “business” criminale, è stata anche l’occasione per fare una riflessione sui nuovi reati e sul rischio che le organizzazioni malavitose possano essere sempre un passo avanti agli investigatori.

«Non è questo caso – ha sottolineato il Questore di Asti Marina Di Donato – perchè con gli arresti di ieri   abbiamo dimostrato di essere all’altezza di contrastare chi crede di poter padroneggiare anche in carcere. Certo è che sempre più spesso questo tipo di indagini portano al limite gli agenti che se ne occupano perchè sono accertamenti totalizzanti, potendo contare solo su un numero ristretto di poliziotti. Hanno lavorato davvero senza sosta per quattro mesi per arrivare a questo risultato».

Che è molto importante, dal punto di vista della sicurezza.

«I detenuti nelle carceri ad Alta Sicurezza – chiarisce il Procuratore della Repubblica di Asti, Biagio Mazzeo – Sono giusto un gradino sotto il regime del 41 bis, il più severo previsto dal nostro ordinamento giudiziario. Questo significa che si tratta di reclusi che hanno molti anni da scontare per reati gravi prevalentemente legati alla criminalità organizzata. Pensare che possano continuare a dirigere le loro attività criminali anche da reclusi, vanifica in gran parte la loro detenzione».

I cellulari in carcere (sia che vengano lanciati dai droni, sia che entrino eludendo i controlli durante i colloqui o i pacchi inviati da casa) sono purtroppo un fenomeno in continua crescita e per questo sono già molti i Procuratori che chiedono interventi incisivi che possano smorzare questa nuova frontiera di reato.

«Servirebbero dei sistemi che disturbano elettronicamente il volo dei droni – prosegue il Procuratore Mazzeo – oppure dei rilevatori della loro presenza, in avvicinamento, in modo da allertare gli agenti penitenziari. Molto utili sarebbero anche dispositivi di disturbo delle comunicazioni telefoniche stesse ma quest’ultima soluzione andrebbe a penalizzare tutto il personale che vive nelle carceri e, per quelle ancora attive dentro le città, anche i cittadini che vivono a ridosso della struttura carceraria. Però qualcosa va fatto perchè oggi stiamo parlando di consegne con i droni di telefoni cellulari e droga, ma con le stesse modalità è possibile far entrare nelle celle piccole armi smontate o peggio ancora delle quantità di esplosivi sufficienti a creare gravi situazioni di pericolo».

 

 

 

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