Finisce tutto in una bolla di sapone. La Corte d’Appello di Torino ha chiuso ieri il processo sul fallimento della Way Assauto dichiarando la prescrizione dei reati che erano “sopravvissuti” al passare degli anni. Ma quindici anni sono stati davvero troppi e lo spettro della prescrizione da mesi aleggiava su questa vicenda giudiziaria.
A 15 anni dalla dichiarazione di fallimento e ad 8 dalla sentenza di primo grado al tribunale di Asti anche il processo di appello ha avuto degli slittamenti dovuti alla difficoltà di comporre il collegio di giudici.
Imputati sono Diego Robella ed Ezio Trinchero, i soci difesi dagli avvocati Caranzano e Rattazzi che tentarono il salvataggio della Way Assauto, mai andato a buon fine e chiuso con il fallimento della storica azienda astigiana.
Un processo per bancarotta fradulenta che si è lasciato dietro l’insoddisfazione di circa 200 operai costituiti parte civile con gli avvocati Pasta, Lamatina e Sellitti.
La sentenza astigiana aveva visto i due imputati condannati a 5 anni e 4 mesi (Robella) e a 3 anni (Trinchero). Il tribunale di Asti aveva invece assolto Fabio Trinchero, figlio di Ezio, all’epoca coimputato per bancarotta fraudolenta.
Già in tribunale ad Asti le originarie accuse erano state notevolmente “sfoltite” per la prescrizione.
Fra i reati rimasti in piedi quello dell’acquisto di una Grande Punto regalata ad un sindacalista interno e l’appropriazione di 260 mila euro destinati al Fondo Cometa degli operai. Nel processo anche il curatore fallimentare rappresentato dall’avvocato Pierpaolo Berardi il cui legale aveva sostenuto che i soci imputati avessero rilevato la Way Assauto per spolparla delle sue ultime risorse. Restano in piedi i risarcimenti civili di 250 mila euro per il fallimento e di mille euro ad operaio.