La passione per il calcio è la più forte della sua vita di sedicenne e non intende rinunciarci per nulla al mondo. Neppure per le battutine infelici dei compagni di squadra o per gli equivoci che
La passione per il calcio è la più forte della sua vita di sedicenne e non intende rinunciarci per nulla al mondo. Neppure per le battutine infelici dei compagni di squadra o per gli equivoci che possono nascere in campo per i problemi di comunicazione. A Federico giocare al pallone piace e non si ferma davanti a nulla pur di continuare a farlo.
Federico Plado, 16 anni, è un calciatore un po' speciale. Studente all'Istituto Agrario Penna e in forza alla squadra del Canelli, Federico è sordomuto. Una condizione normale nella sua famiglia (papà Nicola, mamma Ivana e fratello Samuele) dove comunica serenamente con la lingua dei segni, ma che diventa una battaglia quotidiana quando esce di casa.
L'amore per il gioco del pallone Federico ce l'ha da sempre, da quando ha cominciato a camminare ed è stato in grado di sferrare un calcio ad una palla. «Nella mia vita è la cosa principale -ci racconta con la traduzione del suo assistente alla comunicazione Rocco Cericola che lo segue anche a scuola- Ci gioco da quando avevo 8 anni». Ha sempre giocato nel Canelli ma, racconta «all'inizio non ero tanto bravo così mi hanno messo in porta. Abbiamo vinto un campionato e un torneo. Poi sono migliorato e non mi bastava più fare il portiere, volevo giocare in campo. Mi sono allenato di più e ora sono centrocampista laterale». Una squadra di calcio è fatta non solo di gambe e di fiato, ma anche di continui consigli e suggerimenti, ordini e incitamenti dell'allenatore. E per un ragazzo che non sente e comunica a gesti non è facile cogliere tutto.
«All'inizio avevo molta difficoltà a comunicare con l'allenatore -racconta Federico- ma poi le cose sono migliorate. I miei compagni di squadra mi prendevano in giro ma ora va un po' meglio perchè ho lottato per dimostrare che posso giocare anche io. Con l'allenatore comunico attraverso il labiale mentre con i ragazzi riesco meno. Certo, quando faccio gol tutti corrono ad abbracciarmi, ma la mia è una sensazione di esclusione più che di integrazione vera. A me però interessa solo giocare e dunque non voglio dare molto peso al resto e se non sempre mi trovo a mio agio, la gioia di essere in campo supera tutto».
Va meglio la sua vita di adolescente studente, perchè i suoi compagni i scuola sono più ricettivi e disposti a facilitarlo nella lettura del labiale. Nessuno di loro conosce la lingua dei segni e Federico riesce a fatica a formulare parole con la voce, anche se ci sta lavorando sopra. Si sente davvero a suo agio solo quando esce con amici sordomuti come lui, con i quali riesce a comunicare senza fatica né imbarazzi.
In aiuto a Federico e ai suoi coetanei sordomuti è arrivata la tecnologia. Ha facilitato la loro comunicazione perchè, con gli amici udenti possono parlare attraverso i messaggi e le chat mentre con quelli sordomuti possono fare conversazioni nella lingua dei segni attraverso i videomessaggi. Il sogno nel cassetto? «Fare il calciatore professionista -risponde senza esitazione Federico- e far parte di una squadra di sordomuti, come esiste a Biella, nel torneo di calcio a 5. Nella vita normale, pur amando molto l'Istituto Agrario, vorrei cambiare per trovare una scuola nella quale coltivare il mio interesse per l'informatica».
Per inseguire la sua passione del calcio, Federico affronta anche il difficile confronto con gli altri. Un suggerimento ai ragazzini sordomuti più piccoli? «L'integrazione fra sordi e udenti è fondamentale, anche se difficile. Io non mi sento un disabile e so che, pur mancandomi l'udito, sono in grado di confrontarmi con loro. La cosa che mi dà più fastidio è che quando mi sforzo di parlare, gli altri mi fanno ripetere le cose per molte volte e poi sbuffano, senza fare alcuno sforzo loro per capirmi. Mi piacerebbe che molte più persone conoscessero la lingua dei segni, anche se udenti, così sarebbe più facile comunicare in tante occasioni e situazioni».
Un sogno che potrebbe realizzarsi grazie ad un progetto che l'Ens di Asti sta mettendo a punto per istituire un servizio di interpretariato in caso di necessità come ricoveri in ospedale di sordomuti, atti notarili e ogni altro importante documento da sottoscrivere oppure colloqui di lavoro o equivoci che possano sorgere nelle aziende.
Daniela Peira