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paolo Riccone
Cronaca
Corte d’Assise

Femminicidio di Incisa: il pm chiede 24 anni di carcere e l’eredità del padre dell’imputato serve a pagare il risarcimento

Per il pm si tratta di un omicidio insensato compiuto da un uomo freddo e manipolatore. Per la difesa invece, Floriana e Paolo erano una “coppia patologica”

Alle battute finali il processo in Corte d’Assise ad Alessandria per la tragica morte di Floriana Floris, la donna di 49 anni uccisa a giugno dell’anno scorso nella casa di Incisa Scapaccino in cui viveva con il compagno Paolo Riccone, originario del paese.

Stamattina il pm Guerra ha tirato le fila dell’indagine e del processo iniziato senza gialli: Riccone era stato trovato al piano di sopra, due giorni dopo aver ucciso Floriana e ha ammesso di essere l’autore delle coltellate. Ma c’era da discutere sulla sue condizioni all’atto dell’omicidio e se meritasse o no qualche “sconto” sulla pena massima dell’ergastolo.

«E’ stato un omicidio di totale insensatezza. Un femminicidio in piena regola – ha detto il pm – da parte di un uomo che non ha saputo gestire l’intenzione di lei di lasciarlo. Un’irrazionalità emotiva che però si è accompagnata ad una freddezza impressionante e ad una personalità manipolativa di Riccone».

Parole sicure che derivano dalla visione attenta di quello straordinario strumento di comprensione rappresentato dagli otto video girati con il cellulare dal Floriana la sera che si sarebbe poi conclusa con il suo omicidio. Sono stati ritrovati, intatti, nel suo telefono sequestrato dai carabinieri all’arrivo nella casa di Incisa.

Il pm ha ripercorso alcune delle scene più significative riprese: lui che vuole continuamente toccarla e avvicinarsi a lei ma anche lui che la picchia in viso, con i pugni e poi le dice che la ama e che se fosse rimasta con lui avrebbero risolto tutto.

«E’ quando lei abbassa la difesa, esausta, che lui prende il sopravvento e dice “Adesso basta, il coltello, il coltello”. Poi il vuoto che non è difficile riempire con gli attimi dell’omicidio».

Attenzione anche alle piccole ma significative bugie raccontate al suo risveglio all’ospedale di Asti dove è stato interrogato la prima volta: «Dice che si era difeso dalle coltellate, leggere, infertegli dalla donna. E’ vero che la vittima impugnava un coltello quando è stata ritrovata esanime, ma in una posizione così strana da far pensare che era stato sistemato in un secondo tempo nelle sue mani. E poi Riccone continua a dire di aver chiamato i soccorsi per salvare Floriana, ma nessuna telefonata è partita dal suo telefono, nè da quello della donna nè le centrali operative hanno ricevuto la chiamata. Quando la donna è caduta a terra sotto la pioggia di coltellate (oltre 40), lui era già rassegnato alla sua morte, per lui era già finita lì».

Di qui la richiesta di una condanna a 24 anni di carcere.

E i video sono stati al centro anche dell’intervento dell’avvocato di parte civile, Monica Mattone. «Floriana si stava riprendendo da un lungo periodo difficile e aveva ritrovato la voglia di vivere. Era preoccupata per il suo compagno, ma a nessuno aveva detto che le usava violenza. La verità si desume da quello che dice in uno dei video “Mi hai già picchiato tre volte, ti registro così c’è la prova di quello che mi stai facendo”.  E quando ha cominciato a rendersi conto che quel lungo litigio stava virando male ha ancora detto “Ho una figlia, non posso morire”».

Facendo poi il conto dei risarcimenti danni chiesti a Riccone: un totale di 900 mila euro per la figlia Alice, la madre e il fratello Fabio, unico presente in aula.

Sul risarcimento l’avvocato difensore dell’imputato, Federica Falco, ha mostrato l’autorizzazione del giudice tutelare a versare 400 mila euro alla famiglia di Floriana. «E’ l’ammontare dell’eredità che Riccone ha ricevuto dal padre, morto due mesi prima dell’omicidio».

Perchè di soldi, fra Riccone e Floriana, ne entravano pochi in quella casa nel periodo in cui è avvenuto l’omicidio: «Lui si era trasferito ad Incisa lasciando i suoi incarichi anche prestigiosi di ricercatore e svolgeva solo più qualche consulenza da remoto; lei non aveva ancora trovato lavoro e viveva con il reddito di cittadinanza – ha detto l’avvocato Falco – Era una “coppia patologica” in cui lui soffriva di depressione dalla morte della moglie, per tumore, avvenuta 13 anni prima e lei aveva perso il suo lavoro in seguito ad una causa e affrontava ancora gli esiti di un gravissimo incidente che le aveva provocato danni gravissimi al viso».

Ricordando che la Corte d’Assise ha respinto la richiesta di una perizia psichiatrica, l’avvocato Falco ha riassunto la storia clinica di Paolo Riccone, segnata da ricoveri in cliniche psichiatriche, prese in carico da specialisti privati e da Centri di Salute Mentale fra Roma e Alessandria. Il giorno prima dell’omicidio il suo medico curante gli aveva consigliato di nuovo un ricovero avendolo trovato molto agitato e depresso.

Concludendo per una richiesta che sia entro i limiti di legge, tenendo anche conto dell’offerta del risarcimento disponibile a breve, appena l’amministratore di sostegno chiuderà le pratiche di successione.

Nell’udienza di oggi Paolo Riccone, detenuto al carcere di Genova, non era presente perchè nella sua sezione vi è stata una nuova ondata di contagi di Covid.

La sentenza arriverà nell’udienza del 19 luglio.

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