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Cronaca
Commento

Gioielliere condannato, gli avvocati penalisti difendono la sentenza e parlano di “sgrammaticatura istituzionale”

“Non si può delegittimare così Sistema Giustizia e l’istituto della legittima difesa ben regolata da legge e diritti”. No alla strumentalizzazione della sentenza

La condanna da parte del Tribunale di Asti a 17 anni di Mario Roggero, gioielliere di Grinzane Cavour che ha ucciso due rapinatori durante il colpo nel suo negozio, ha sollevato un importante vespaio mediatico e politico che ha attraversato tutta Italia.

Dopo le dichiarazioni del gioielliere a caldo, tantissimi i commenti, non sempre informati, che criticano pesantemente la decisione della Corte d’Assise di Asti ritenendo troppo severa la decisione nei confronti del commerciante. E molti sono andati ben oltre ad un legittimo diritto di opinione sulla sentenza.

Su questo clamore mediatico interviene l’avvocato Davide Gatti, presidente della Camera Penale “Vittorio Chiusano” di Asti, a nome degli iscritti.

«Il moltiplicarsi di commenti e considerazioni da parte di politici, opinionisti più o meno referenziati, giornalisti più o meno schierati, leoni da tastiera e quant’altro in merito alla sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Asti nel noto processo al gioielliere di Grinzane Cavour senza conoscerne le motivazioni, ripropone ancora una volta il tema della strumentalizzazione, a vario titolo, delle decisioni giudiziarie, in un agone divisivo e rumoroso che poco ha a che fare con il diritto e i diritti.

Se è certamente vero che è legittimo commentare una sentenza, è però altrettanto vero che appare quantomeno inopportuno, quando non scriteriato, proporre valutazioni e presunte riflessioni che non tengono conto dei principi e delle regole del diritto (in questo caso quelle che presiedono all’istituto della legittima difesa) al solo fine di ricercare o confermare consensi, esponendo altresì a un incontrollabile attacco mediatico i soggetti processuali.

La sgrammaticatura istituzionale appare ancor più evidente se si considera, poi, che tali commenti provengono anche da chi riveste incarichi governativi, alimentando la continua e indebita sovrapposizione tra poteri e ordini dello Stato.

Quando poi una vicenda tanto delicata viene ad essere l’occasione per proporre ricostruzioni, anche giuridiche, che sottendono un’idea di società nella quale l’istituto della legittima difesa possa trovare dilatazioni smisurate e del tutto incuranti del bilanciamento con il bene della vita umana, si avverte, allora, un ulteriore pericolo.

La sbandierata legittimazione dell’uso delle armi rischia, infatti, di creare nell’opinione pubblica meno attenta e riflessiva, la convinzione che le stesse possano essere utilizzate sempre e comunque, ponendo in crisi quelle che sono, oggi, le regole del vivere civile o soltanto offrendone una rappresentazione incoerente con il diritto esistente.

Con amarezza, dunque, ma senza rassegnarsi al pressapochismo, anche culturale, al quale si assiste in questi giorni, invero senza sorprese, la Camera Penale “Vittorio Chiusano” auspica che tutti coloro che, a vario titolo, intendano assumere un ruolo nel nostro contesto sociale offrano riflessioni che, non volendosi evidentemente fondare sulla conoscenza del diritto vigente, quantomeno non ne calpestino i presupposti in modo irresponsabile, rischiando altresì di delegittimare il sistema Giustizia.

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