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Carabinieri

I finti tecnici dell’acquedotto che facevano raccogliere oro e soldi nel freezer perchè “schermato” e poi rubavano tutto

I carabinieri di Asti ne arrestano altri sei. Tutti astigiani che colpivano sia in provincia che in Lombardia ed Emilia Romagna. In casa loro trovato un foglietto con tutte le frequenze radio criptate delle centrali delle forze dell’ordine

Sembra l’operazione “fotocopia” di quella che nemmeno una settimana fa ha portato in carcere padre e figli accusati di furti e rapine ai danni di anziani raggirati con quelle che vengono conosciute come “truffe del finto tecnico dell’acquedotto”.

Sempre i carabinieri del Nucleo Investigativo di Asti comandati dal tenente Armando La Viola, sempre la Procura di Asti a coordinare le indagini, sempre lo stesso il modus operandi affinato ma diversi gli arrestati, diverse le vittime, diversi i luoghi in cui sono avvenuti i colpi.

Sei le ordinanze di misura cautelare chieste ed ottenute dal sostituto procuratore Fiz: tre in carcere e tre agli arresti domiciliari. Fanno parte del primo gruppo Roberto “Bic” e Giacomo “Gigi”  Vinotti, 40 e 36 anni ed Emanuel “Manu” Olivieri di 40 anni. Ai domiciliari Luigi Lebbiati di 22 anni, Kendal Olivieri di 19 e Vincenzo Strangis di 64 anni. Tutti vivono ad Asti, fra il campo di via Guerra, Pontesuero, centro città e Trincere.

L’accusa è di associazione a delinquere e sono stati contestati loro 18 colpi avvenuti fra Astigiano (Costigliole, Moncalvo, Rocca d’Arazzo, Montiglio, Asti città), Alessandrino (Odalengo Piccolo, Serralunga di Crea, Alluvioni Piovera, Ozzano Monferrato e poi Pavese,  Cuneese e Piacentino.

I tre finiti in carcere erano quelli che fisicamente si recavano a casa degli anziani: uno restava in auto, gli altri due si attrezzavano con cappellini, pettorine catarifrangenti, abiti da lavoro, tesserini falsi e apparecchiature che simulavano la lettura di presenza di gas nell’aria. Partivano al mattino a bordo di una Mercedes GLA o di un’Audi 3 molto potenti con targhe false e giravano per tutto il giorno puntando ad anziani che vivevano in zone lontane dall’Astigiano, per evitare di essere riconosciuti. Ma, andando e tornando, non disdegnavano colpi vicino a casa, se se ne presentava l’occasione.

Si facevano aprire dagli anziani, raccontavano la “solita” storia della presenza nelle tubature dell’acqua di un gas nocivo per l’oro e per la filigrana delle banconote e invitavano i padroni di casa a radunare tutto in un sacchetto per riporto in frigorifero o in freezer, elettrodomestici “schermati” che avrebbero protetto gli averi dall’azione corrosiva del gas. Gli anziani obbedivano e poi, approfittando di un loro momento di disattenzione spesso provocato liberando nell’aria uno spray urticante che si portavano sempre dietro, afferravano il bottino e si dileguavano.

In un caso, raccontano i carabinieri che hanno raccolto quasi tutte le denunce delle vittime a domicilio, hanno chiesto all’anziana vittima di sfilarsi la fede nuziale che portava al dito, per “massimizzare” il valore del bottino.

Al gruppo, come ha ricordato il Procuratore della Repubblica Biagio Mazzeo che ha tenuto a presenziare alla conferenza stampa, i carabinieri di Asti sono arrivati attraverso un uso molto limitato delle nuove tecnologie ma grazie a metodi di indagine complessi e “tradizionali”, visto che il gruppo usava accortezze tali da eludere il rintraccio digitale. Non portavano con sè telefoni cellulari, applicavano targhe false per ritardare l’identificazione dall’auto dalle telecamere di videosorveglianza e, inoltre, sono stati trovati in possesso di un foglietto in cui erano riportate tutte le frequenze radio aggiornate delle varie centrali operative che operano sui territori scelti per le razzie, in modo da intercettare le comunicazioni delle forze dell’ordine.

Secondo quanto emerge da appostamenti e inseguimenti, per il terzetto di arrestati, questo era un lavoro a tempo pieno. Quando tornavano dai colpi in Lombardia e nel resto del Piemonte, le auto e i “ferri del mestiere” contenuti nel kit del truffatore, venivano nascosti a casa di alcuni fiancheggiatori (gli arrestati ai domiciliari) che ritiravano le auto in garage perfettamente sigillati, ne gestivano lalogistica e anche la loro pulizia agli autolavaggi.

I nascondigli erano a Pontesuero e in un box auto in pieno centro.

 

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