A sfidare il freddo in pieno campo ci sono abituati e stamattina tanti agricoltori astigiani hanno mantenuto la promessa di essere presenti nei tre punti allestiti in provincia di Asti per partecipare al flash mob regionale indetto dal Comitato Coaarp per sensibilizzare l’opinione pubblica sui danni all’agricoltura (ma non solo) provocati dai cinghiali.
Ad Asti fuori dal casello Asti Est, a Castelnuovo Don Bosco nel campo davanti alla pista di atterraggio della Icp e a Villanova sulla statale, gli agricoltori hanno portato i loro trattori con striscioni e cartelloni che hanno raccontato attraverso gli slogan tutta la loro rabbia per i conti dei raccolti perduti appena fatti al termine dell’annata agraria.
Tanti i racconti di campi devastati e di incontri ravvicinati con i cinghiali con la partecipazione, ad Asti, anche di Giancarlo Dapavo, presidente del Circolo Legambiente, che ha condiviso la necessità di provvedere ad un’azione straordinaria di riduzione della pressione dei cinghiali sul territorio. Perchè non c’è solo un problema economico di danni all’agricoltura (danneggiano seminativi, orti, vigne, noccioleti) ma anche un grande rischio per la sicurezza stradale e la devastazione dell’habitat naturale a discapito di molte altre specie animali autoctone.
Ad ogni flash mob era presente anche un banchetto per la raccolta di firme (che è stata prorogata fino a marzo) con la quale si chiederanno alla Regione azioni efficace di abbattimento e contenimento del numero di esemplari.
Con una convinzione su tutte: “Finora il controllo della presenza del cinghiale sul territorio è stato affidato esclusivamente ai cacciatori. E’ evidente che non ha funzionato, dunque la prima cosa da fare è escluderli dai futuri piani di abbattimenti e lavorare su altri metodi più efficienti».
Convinzione stranamente condivisa da un cacciatore, Alessandro, presente al flash mob di corso Alessandria: «E’ vero, i cacciatori da soli non possono far fronte all’invasione di cinghiali. Soprattutto dopo che c’è stata la rivoluzione nelle assegnazione delle zone che ha portato i “cinghialisti” a dover operare in zone diverse da quelle battute e conosciute da anni».
(Fotoservizio Billi)