E' un allarme che è passato un po' sotto traccia ma che invece meriterebbe di essere preso in considerazione e necessiterebbe di politiche di controllo e vigilanza fin dal suo nascere. Una
E' un allarme che è passato un po' sotto traccia ma che invece meriterebbe di essere preso in considerazione e necessiterebbe di politiche di controllo e vigilanza fin dal suo nascere. Una nascita che ha anche una data precisa: maggio 2015, data in cui il carcere circondariale di Quarto è diventato di "massima sicurezza" con un destino di accoglienza di ergastolani o, come si dice nel gergo della penitenziaria di "fine pena mai". Si tratta, come è facile intuire, di detenuti pericolosi, la maggior parte dei quali con una carriera criminale alle spalle di tutto rispetto e un'organizzazione che provvede a sostenere le loro famiglie.
I numeri li fornisce il sindacato di polizia penitenziaria dell'Osapp: su 245 detenuti attuali, sono circa 180 gli ergastolani che appartengono a tutte le mafie presenti nella mappa della criminalità organizzata nazionale e internazionale. Una presenza, questa così massiccia e concentrata, che non riguarda solo la struttura di Quarto, ma riguarda tutta la città. «Vista la condanna a vita dei detenuti che sono ad Asti – spiega Domenico Favale dell'Osapp – sono numerose le famiglie che decidono di trasferirsi nella nostra città per essere loro più vicini. Dai colloqui che facciamo con madri, fidanzate, figli, genitori, sappiamo che in poche settimane sono già stati acquistati appartamenti ad Asti da parte di famiglie di ergastolani che intendono vivere qui». E questo, per Favale, è una forte minaccia per la sicurezza della città di Asti.
«Basta vedere come funziona il meccanismo della criminalità organizzata per capire che è forte il rischio che si radichino anche da noi, e in poco tempo, comportamenti che sono tipicamente legati alle mafie, come il racket, le estorsioni, il riciclaggio del denaro sporco attraverso l'apertura di attività commerciali che sono tali solo di facciata». Un rischio che i rappresentanti dei sindacati di Polizia Penitenziaria avevano già fatto presente al prefetto uscente Faloni, pochi giorni prima del suo trasferimento ad altro incarico.
d.p.