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Cronaca
Tribunale

In Tribunale ad Asti arriva il “processo delle lumache”

Nuovo metodo di allevamento, estrazione della bava e nuove ricette: meritavano il credito d’imposta per la ricerca o erano solo migliorie?

Un tema sicuramente insolito quello che è stato trattato ieri in aula di Tribunale ad Asti nel corso di un processo che ha come imputato il vertice di una azienda che si occupa di allevamento di lumache e vendita di prodotti derivati, dalla cosmetica ai piatti pronti.

Sede, ovviamente, Cherasco, la patria delle lumache italiane con giurisdizione sotto il Tribunale di Asti.

Al banco dei testimoni, di fronte al giudice Dematteis e al pm D’Antona, un funzionario dell’Agenzia delle Entrate di Cuneo che, per seguire questo accertamento, ha studiato il cosiddetto “manuale Cherasco” per l’allevamento delle lumache e si è fatto una cultura generale  sulle riviste specializzate. Ma cosa c’entra questo con una contestazione erariale?

C’entra, c’entra, perchè alla società delle lumache è contestato di aver ricevuto delle agevolazioni fiscali (quantificate in circa 100 mila euro), senza averne invece diritto, secondo l’accusa. Si tratta di credito di imposta previsto per le attività di ricerca, sviluppo ed innovazione all’interno delle aziende.

Per questo motivo, il funzionario dell’Agenzia delle Entrate, con una collega, ha dovuto capire come funziona l’allevamento delle lumache e la trasformazione finale per comprendere se quei tre progetti presentati dall’azienda che hanno beneficiato del credito d’imposta, fossero veramente innovativi e frutto di ricerca.

I tre progetti riguardavano un macchinario che sollecitava la “sbavatura” delle lumache con un trattamento a base di ozono, senza crudeltà sugli animali e con una maggiore efficienza, soprattutto in termini di tempo, per l’ottenimento della preziosa bava utilizzata per prodotti cosmetici di alta gamma. Ma, ha sostenuto il funzionario in aula, quel macchinario usato era già stato brevettato da tempo da una ditta e la società di Cherasco aveva apportato solo qualche miglioria. Che non rientra nella definizione di ricerca e studio.

L’altro progetto riguardava un sistema di allevamento che, utilizzando un unico recinto fino all’ingrasso, abbatteva la mortalità delle chioccioline che non avevano ancora sviluppato a sufficienza il loro guscio. Ma anche per questa innovazione il funzionario ha ritenuto che si trattasse di un’idea “copiata” da alcuni allevamenti del Sud Italia, quindi già collaudata.

E poi le ricette per i piatti pronti commercializzati dalla società di Cherasco; anche qui, secondo le accuse, la messa a punto dei gusti e degli aromi di nuovi prodotti non può essere considerata una ricerca ma fa parte del normale standard di lavorazione di chiunque operi nel food.

Lungo e complesso il controesame da parte dell’avvocato Tommaso Levi, difensore della società, tutto sostanzialmente incentrato sul fatto che non siano stati contattati consulenti esterni esperti nell’allevamento di lumache in grado di riconoscere o meno l’effettivo requisito di novità, innovazione e ricerca nei progetti portati al credito d’imposta.

Pur sottolineando il grande lavoro di studio personale del funzionario su questo tema.

 

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